Lo avevamo sottovalutato. Sotto le mentite spoglie del dolce nonnetto, anche il dottor A.R. coltivava segrete smanie di onnipotenza e il malsano (sebbene alquanto diffuso) desiderio di dominare l’universo.
Colti da ennesima otite marmocchia, all’incirca verso il minuto tre dall’inizio del mega pontone santambrogio-immacolata-weekend, accompagnata da urla a pieni polmoni e un febbrone che sfiorava i 40 gradi, ci eravamo visti costretti ad interpellare nuovamente il dottor A.R., nostro nuovo pediatra di base nonchè nostra giovane (si fa per dire) speranza.
Al dì di Sant’Ambrogio la segreteria (registrata da lui stesso con perfetto accento calabro) annunciava che, sebbene Paesello venerasse un altro santo, a lui importava un fico secco e aderiva ai festeggiamenti per il più conosciuto santo milanese. Non specificava come si sarebbe comportato nei confronti dell’Immacolata, ma tant’è che per non far torto a nessuno, il suo studio rimaneva chiuso anche l’8 dicembre. E così, dopo due giorni di clausura e cure fai da te, malaticci e speranzosi ci recavamo finalmente in visita da lui.
La diagnosi era presto fatta: otite orecchio sinistro - infiammazione orecchio destro. Alle mie richieste di saperne di più (non soltanto sulla cura che ci proponeva, ma anche su alternative future per risolvere il problema - che tre otiti e un’infiammazione in due mesi a me pare da record) il dottor A.R. sfoderava la miglior interpretazione di E-QUESTA-E’-CASA-MIA-E-QUI-COMANDO-IO a cui avessi mai assistito. Il tutto condito da un sottinteso TACI-DONNA-TU-CHE-SEI-SOLO-LA-MADRE e un palesato IL-DOTTORE-SONO-IO-ERGO-IO-TUTTO-SO-E-TUTTO-POSSO.
E così, con la coda tra le gambe, il cuore in mano e il portafogli aperto, il giorno dopo ci prostravamo sinceramente pentiti e umilmente addolorati ai piedi dello zio M., il nostro pediatra sul serio, che (dopo aver gongolato per un buon quarto d’ora davanti alle sue due – e mezzo- pecorelle smarrite) formulava la seguente diagnosi: otite destra ”media” (che non eccelliamo manco in questo). L’altro orecchio risultava sano e sorridente. Non convinti accettavamo l’invito del buon zio M. a guardare dentro le orecchie marmocchie (per inciso, se volete dormire la notte, non fatelo mai! Ci sono cose che voi umani…). E ci convincevamo pienamente della diagnosi, accettando di buon grado la cura. D’altra parte lo zio M. risulta ad oggi INfallibile, INeguagliabile, oltre che INcredibilmente costoso!
Ora. A parte tutto. Ma l’otite. Per un pediatra. Non dovrebbe essere un dato di fatto e non un dato soggettivo e liberamente interpretabile? Ma com’è che due dottori guardando il medesimo orecchio marmocchio ci “vedono” cose differenti?
Ciò non è dato sapere.
Finisce così la breve (ma intensa) carriera del dottor A.R. nella nostra famiglia.
Anche se per poco, dottore, ci avevamo davvero creduto.