Fughiamo subito ogni dubbio. Regreso a Moira non è un horror. Gioca sì con molti clichè del genere come i fantasmi, la casa abbandonata, gli incubi etc..., ma è da vedere più che altro come un film dal forte impianto psicologico, un film che basa tutto sul ricordo, sulla memoria, sul rimpianto. Chi si aspettava qualcosa di terrificante o anche soltanto minimamente inquietante rimarrà deluso, chi invece si dimenticherà di trovarsi in una pelicula para no dormir e considererà Regreso a Moira come una favola, un racconto d'amore e di dolore, allora potrà apprezzarlo al massimo. Del resto alla regia c'è Matteo Gil, lo sceneggiatore di tutti i più grandi capolavori di Amenabar, uno che quindi le storie le sa scrivere e raccontare.
Tomas, ormai 60enne, riceve a casa una carta dei tarocchi. La mente lo riporta subito a un'estate di 45 anni prima, quando 16enne si innamorò di una donna che viveva isolata nel suo paese, Moira. Tomas decide di tornare nel piccolo paese perchè in realtà il ricordo di quella donna non l'ha mai abbandonato.
Il film parte molto lento. Il taglio televisivo (del resto il progetto generale era per il piccolo schermo) si vede e si "sente". Però Gil è bravo a portarci subito nella dimensione del racconto, della leggenda. La figura di questa donna che vive in una casa isolata dal resto del paese, un paese popolato da cristiani bigotti che vivono soltanto di credenze popolari e che la considerano una strega, è sì qualcosa di stravisto, ma sempre argomento interessante a mio parere.
Tomas, come tanti 16enni, è affascinato da questa leggenda. Va quindi a spiare con degli amici la donna in casa. Loro scappano, lui cade, lei lo soccorre. Il vero film parte praticamente da qui e più si va avanti più ci sembrerà di assistere a qualcosa di profondamente intelligente.
Il rapporto tra l'adolescente Tomas e la donna è il fulcro di tutto, non solo narrativamente ma anche per il fascino e il mistero che regala allo spettatore. Tali rapporti, vedi ad esempio lo splendido e recente The Reader, sono sempre molto affascinanti perchè raccontano una metà oscura di noi che bene o male tutti abbiamo vissuto, l'infatuazione adolescenziale, nel 95% dei casi rimasta platonica, per una donna o un uomo maturi.
Si crea un legame fortissimo tra i due. Lei è davvero una strega? O soltanto una donna sola ed emarginata? Le voci nel paese continuano a correre, c'è carestia ed è colpa della donna, la notte, si dice, tutti hanno rapporti sessuali con lei. Ma è lo stesso Tomas a condannarla. Sentitosi da lei tradito inventa di esser stato molestato. Il paese insorge, Moira è bruciata viva.
Il senso di colpa quindi ma anche il ricordo di una amore breve e intensissimo mai dimenticato riportano Tomas indietro, è un regreso (ritorno) a Moira non solo fisico ma anche mentale. E tra qualche immagine d'effetto (la vasca) e un puzzle che va sempre più a comporsi arriviamo al finale (o meglio, il pre-finale) che io ho trovato meraviglioso, vero punto di forza della pellicola.
E' un finale raffinato, colto, intelligente e allo stesso tempo struggente.
Certi amori ci legano per sempre tanto da annullare lo stesso concetto di tempo.
Certi amori nascono e si autodistruggono da soli.
Certi amori, forse, si hanno paura da affrontare e siamo noi stessi, inconsciamente, a farli finire.
Chi era quell'uomo con Moira quella notte?
Chi era Tomas?
Sembra un paradosso ma forse l'amore è durato pochi attimi perchè si è protratto per una vita intera.
( voto 7,5 )