La fine della seconda guerra mondiale lasciò anche a Santa Croce sull’Arno distruzione e macerie, non solo materiali. Centinaia di abitazioni furono distrutte, mentre la scuola, la chiesa con il campanile, il monastero, il palazzo comunale, le strade e le fognature subirono danni pesanti. Nel settembre 1944 il Comitato di Liberazione Nazionale locale, composto dai rappresentanti delle forze politiche ( P.C.I. - D.C. - P.S.I. e alcuni indipendenti ), nominò la giunta comunale ed il sindaco, Delio Nazzi. Il primo compito di questa giunta fu togliere le macerie per ripristinare la viabilità, sistemare i fabbricati e requisirli per dare alloggio alle famiglie senza casa. Si reperirono e distribuirono generi di prima necessità e si ridette avvio all’attività produttiva e commerciale locale. Riprese il lavoro nelle concerie, senza straordinario, per impiegare il maggior numero di operai. Si trovarono forme di occupazione per i disoccupati: cavatori di sabbia e spalatori di macerie, non tutti inizialmente assorbiti dalle concerie, venivano sostenuti economicamente con parte del salario dei lavoratori conciari che erano remunerati con paghe molto più alte del contratto nazionale perché legate al prezzo di vendita del cuoio. Nelle elezioni amministrative del giugno 1946 fu eletto il nuovo consiglio comunale, e Giovanni Meacci divenne sindaco. Insieme alla normale attività nei settori della scuola, dell’assistenza, della sanità e delle opere pubbliche, questa amministrazione iniziò gli interventi di risanamento del territorio dall’inquinamento causato dagli scarichi delle concerie. Il centro abitato del capoluogo, nel 1948, aveva una popolazione di 6.847 abitanti; le concerie erano più di 140, prevalentemente di tipo artigiano e molte frammiste alle abitazioni. I principali fossi di scarico delle acque conciarie, insieme a quelli delle acque civili, si trovavano lungo le strade campestri di via Pelle o dei Grondi, via del Trebbio e via Francesca Nord, oltre ai fossi secondari di via Donica, di Ripa e S.Andrea. Tutti questi scarichi venivano convogliati nel canale Antifosso sull’Usciana. Lungo questi percorsi le acque di scarico conciarie lasciavano i loro sedimenti ( peli, residui di pelle, calce e solfuro di sodio ) nelle fosse stradali. Il fango melmoso e maleodorante che si depositava da un lato della strada, lasciato scolare ed asciugare, veniva poi raccolto dai contadini ed usato come fertilizzante nei campi. Un aneddoto può rendere bene l’atmosfera di allora. Si era nell’estate del 1947 ed i fanghi conciari, ricavati dalla fossa di via Provinciale Francesca Nord, erano stati depositati su un lato della strada: un giovane di Empoli, vestito con un completo di lino bianco, scivolò col suo motorino dentro la melma maleodorante e si ridusse il vestito di un bel colore marrone. Andò a protestare dal sindaco con queste testuali parole: < Qui non siamo a Santa Croce sull’Arno ma a Santa Croce sulla merda! >. Si avvertiva quindi sempre di più la necessità di dotare gli scarichi delle concerie di un sistema di fogne razionale, in modo da garantire l’igiene del suolo e dell’abitato e la bonifica delle zone agricole attraversate. A causa degli scarichi, inoltre, si erano verificati alcuni casi di carbonchio nel bestiame. Per affrontare questi problemi, in accordo con la prefettura di Pisa, nel 1949, si istituì il < Consorzio per l’allontanamento e smaltimento dei liquami industriali e domestici >, detto C.A.S.L.I.D. -Adrio Puccini- Produrre senza inquinare, Pacini editore,2000.
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SQUALLIDO ADDIO
L’Arno scorre monotono
e puzzolente porta le sue acque
mentre noi lo stiamo a guardare
ripetendo le solite parole
che splendono tra i sorrisi.
Tutto è felicità:
Il cielo nuvoloso
il paesaggio squallido
e quel puzzo che respiriamo.
Noi due stretti l’uno all’altra
somigliamo stranamente
a quella coppia di uccelli
che vivono in amore
su questa riva trasandata.
Poi anche tu
come le rondini partirai
camminando per altre strade
percorse infinite volte
da infinite altre
per andare ai cieli fosforescenti
per altri nuovi occhi innamorati.
-Renzo Mazzetti-