di Giacomo Sartori
Ci risiamo. Purtroppo ci risiamo. Di nuovo la violenza. Di nuovo la prospettiva di una spirale di violenza. C’erano segnali da diverso tempo, per chi avesse le orecchie fini, per chi abbia vissuto gli anni settanta e ricordi molti episodi artigianali e per certi versi patetici, a volte anche buffi, che hanno inaugurato la stagione del terrorismo. Ripeto, anche nella nostra regione. Sì, anche nella nostra regione. Allora come adesso. Ma adesso la cosa è sotto gli occhi di tutti.
Alla violenza si intende rispondere con la violenza. Inasprendo le leggi. Fingendo che i fatti di Roma non si sarebbero potuti evitare con le leggi attuali (sono anni, faccio un esempio, che le manifestazioni a Parigi sono protette dalla polizia, strada per strada, minuto per minuto, dalle frange violente, nel loro caso per lo più apolitiche). Mettendo in prigione, punendo con pene esemplari. È una risposta molto facile, e sciocca. Non ha funzionato allora, non funzionerà adesso. Provocherà anzi un’ulteriore radicalizzazione dei gruppi che adesso sono attratti dalla violenza (ripeto, ancora in maniera germinale e tutto sommato non grave). La crisi economica, la terribile crisi che incombe e che colpirà in primo luogo proprio i giovani, farà il resto.
L’Italia ha un irrisolto problema con la violenza. Negli ultimi cento anni ha vissuto le ecatombi della prima guerra mondiale, con gli ammutinamenti e le fucilazioni delle classi popolari inviate al macello, la ventennale violenta dittatura (lasciamo stare per piacere le visioni edulcorate che vanno per la maggiore) che ne è seguita, la guerra civile che l’ha conclusa, le violente diatribe riguardo alla sua interpretazione che tuttora imperversano, con l’imperante e inaccettabile equiparazione di chi ha lottato per o contro la democrazia, la riattivazione negli anni settanta delle lacerazioni di questa stessa lotta fratricida, le cui ferite non siamo ancora riusciti a curare completamente. Non nascondiamoci questa realtà. Noi italiani abbiamo la violenza nella nostra storia, non abbiamo fatto quello che occorreva per separarcene. Tutti noi. Lo si vede nello svolgersi quotidiano della politica, nel tono di qualsiasi dibattito politico televisivo.
La destra, questa destra corrotta e amorale e molto poco democratica e intollerante, ha delle enormi responsabilità. Per anni ha soffiato sulle ceneri con la sua violenza verbale e la sua grettezza, negando all’avversario qualsiasi dignità, trascinando il paese in un baratro sociale e di idee. Ma anche la sinistra ha le sue colpe. Questa sinistra che non ha saputo creare alternative, che non ha pensato a mandare in pensione i suoi incapaci e vetusti notabili, che s’è separata completamente dalla società civile.
Questi che chiamate delinquenti per me sono ragazzi. Certo incendiare una camionetta e tirare sassi ai poliziotti non è un fatto banale, ma non hanno ancora ammazzato nessuno. Non ancora. Ascoltiamoli. Cerchiamo di capire cosa dicono. Non prendiamoli in giro perché non sanno parlare bene (non dimentichiamo che anche le basi teoriche dei brigatisti erano molto povere). Parliamogli. Diciamogli le cose che la destra retriva degli anni settanta non ha saputo dire ai ragazzi che erano sedotti dalla violenza, macchiandosi a mio parere di un’oggettiva responsabilità. Riconosciamo, come l’hanno fatto gli abitanti della Val di Susa, sindaci in testa, che per certi versi e su certi temi possono avere anche ragione. Proponiamogli delle soluzioni. Costringiamogli a parlare, a usare le armi delle parole. Oppure metteteli in prigione. Demonizzateli. Fatene dei capri espiatori per le vostre irresponsabili strategie politiche e delinquenziali, o per l’incapacità a proporre un’alternativa. Risponderanno alla violenza con una violenza maggiore. Causeranno morte.
Provo tristezza e senso di impotenza.
(questo pezzo è stato preso da qui)
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