Pensieri a casaccio su cosa c’è e cosa non c’è

Creato il 07 agosto 2010 da Willoworld

C’è la guerra, nel senso che c’è gente che si ammazza tranquillamente, gente pagata per ammazzare, anche donne e bambini nel caso si ritrovino per sbaglio sulla linea di fuoco, gente che ammazza per difendersi o per difendere la propria cultura, le proprie convinzioni, anche se queste distorcono da quelle del pensiero globale. C’è gente che viene ammazzata, a centinaia anzi a migliaia, e non ha voce in capitolo perché parla un’altra lingua, si veste in maniera strana e non ci assomiglia per niente. C’è gente che gode nell’ammazzare, che bardata di tutto punto preme grilletti e bottoni e fa saltare in aria le teste dei nemici, per delle cause giuste, ci mancherebbe, la libertà, la democrazia, l’assegno di fine mese… Insomma, l’industria della morte va alla grande, malgrado la crisi!

E poi c’è chi inquina, chi trafora come un matto i fondali dell’oceano alla disperata ricerca di qualche barile di oliaccio nero e puzzolente, chi causa catastrofi ecologiche abnormi e ciononostante la notte dorme sonni tranquilli. Ma i responsabili in questi casi sono sempre sfuggenti. Di solito si puntano il dito addosso, oppure lo puntano al cielo, e così si sentono subito meglio.

C’è chi perde la testa e se la rifà col vicino di casa, con un passante oppure con sua moglie o i suoi figli. C’è il malcontento sedato dalle droghe e ci sono gli scatti di violenza causati dall’abuso di droga. C’è la follia, ecco quello che c’è. É il secolo della follia.

C’è lo showbiz, le storie dei rotocalchi di gossip, le celebrità che sfilano sulle passerelle di cellulosa per la massa gelosa ed isterica, i giornalisti che insegnano la non-vita con titoli ad effetto, i fotoreporter con lenti sempre più spesse ed obbiettivi zoom sempre più precisi, e quell’irrefrenabile desiderio di trovarsi al centro dell’attenzione, di aspirare al successo, di sentirsi per un momento gli interpreti di una storia di carta.

C’è il clero, o si… c’è anche il clero… Porco il clero!

C’è l’apatia nonostante i mezzi tecnologici, la voglia di credere a tutto e di non credere a niente, la convinzione che le cose vanno cambiate fuori e non dentro, la voglia di lasciare perdere tutto e fare un biglietto per la Polinesia.

Insomma, ci sono tutte queste cose, e si ci penso troppo mi viene un attacco d’ulcera fulminante. Di solito risolvo spegnendo tutto e facendomi una birra, ma è ancora troppo presto. Appena le una… Spegniamo e basta, poi si vedrà… magari mi apro un vinello…


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