Pensieri di pipistrello

Creato il 17 giugno 2012 da Fabry2010

Pubblicato da ramona su giugno 17, 2012

Mi sveglio e subito sono pronto. Le dita si tengono ben salde, mentre sto felicemente a testa in giù e distendo le ali. Ho una certa fame, ma sento ancora il calore del sole sul corpo e mi rendo conto che c’è anche luce. Non troppa, credo che siamo verso il tramonto.
Non ho il dono di una vista acuta, come tutti i pipistrelli, ma non me ne sono mai lamentato. Perchè mai dovrei farlo? Distinguo comunque la notte dal giorno e mi basta.
Io «vedo» anche senza vedere, non mi sfugge nulla.

Lo so che non sono molte le creature cieche che vivono senza problemi, perchè la vista per la quasi totalità degli esseri viventi è un bene fondamentale. Ma c’è chi se la sa cavare anche se ne è privo.
So che la talpa, per esempio, vive sotto terra, e lì sotto non c’è luce né di giorno né di notte: a che le servirebbe vederci? Immagino che sappia come procurarsi il cibo, semplicemente andando a naso. Proprio come me, anche se io non uso il naso. Io uso… boh, non so cosa sia, ma so che mi dice cosa ho davanti anche se non lo distinguo per davvero. Me lo vedo in testa, non so se mi spiego. Mi vedo disegnata dietro la fronte la figura della zanzara ancora prima di sentirla ronzare, e lo stesso vale per qualsiasi ostacolo si frapponga fra me e il cielo mentre volo. Non ci vado a sbattere, lo «vedo», o lo «sento», come vi pare, e lo evito.

Volare è la mia vita. Sono una creatura dell’aria, anche se mi rifugio nelle profondità delle grotte e mi appiglio a una roccia, che cosa più solida non c’è. Sto sempre a testa in giù, è ovvio. Se fossi capace di stare appollaiato sarei un’aquila, ma poiché non m’interessa guardare il mondo dall’alto, che tanto non lo vedo, preferisco rimanere così, al contrario. Poi chi lo dice che sono io quello contrario? Secondo me lo sono tutti gli altri, perchè è così facile e naturale questa posizione che non riesco proprio a immaginare come possano i volatili stare al di sopra di un ramo anziché sotto. Basta pochissimo: con le mie dita mi appiglio a un niente. Sono leggero e m’incollo pure alla roccia con facilità, lasciando penzolare felicemente il capo nel vuoto. Che ci vuole?

Non sono un volatile. Ho le ali, ma non sono un uccello, di questo sono sicuro. Quando incontro qualche pennuto in volo, e di solito non si tratta di un amico ma di qualcuno che vuole fare a me ciò che io faccio alle zanzi, sento il suo spostarsi nell’aria, il rumore delle piume e anche il suo verso che, per carità, a volte è così stridulo che mi sono convinto che fra gli esseri volanti gli uccelli sono i più brutti al mondo. Al mondo dell’aria, per come lo conosco io. Sì, è vero che ne conosco solo una piccola parte, ma io parlo solo di ciò che so.
Per tornare agli uccelli, loro hanno le piume, io ho il pelo. Loro hanno il becco, che fa male se ci si avvicina troppo a quei brutti ingordi, io ho un musetto simpatico. Che sia simpatico me lo dicono le pipistrelle, quando vogliono che le corteggi. No, non è che loro vedono di più: sono cieche o quasi, proprio come me. Ma sanno guardare con gli occhi del cuore, oltre che con quella cosa che ci fa vedere le zanzi senza vederle e scansare gli ostacoli prima di andare a sbatterci. Le femmine «vedono» molto più di noi maschi. Pare sia una caratteristica comune a tutte le specie, questi strani occhi superdotati e nascosti delle femmine.

A me va bene una pipistrella qualsiasi, non sono un tipo dai gusti difficili. Al contrario di lei io resto cieco, non so, non «vedo» come sia il muso della prescelta, se bello o spelacchiato. Non importa. L’importante è che lei mi dica che il mio muso, invece, è simpatico.
Mi piace un sacco sentirmelo dire.

Non sono un uccello perchè non faccio le uova. Cioè, parlo delle pipistrelle, io non le farei comunque, perchè sono un maschio, e anche di questo sono sicuro: in nessuna specie i maschi sanno fare le uova. E non sanno fare cuccioli. Al massimo possono contribuire, ma chi poi li scodella sono le femmine. E guai a intromettersi, diventano feroci! Lo chiamano istinto materno; per me va bene, se sono contente loro che si interessino pure da sole della prole.

Appurato che non sono un volatile, resta il fatto che volo come un uccello. Più o meno. La mia ala è attaccata alle zampe, è il vestito che mi copre, il nascondiglio che mi ripara. Sono un mago: mi avvolgo e nessuno si accorge di me, indosso un manto che rende invisibili. Poi dischiudo le mie grandi ali e volo via velocissimo nella notte.

La notte è mia amica. Il sole disturba, ma la luna e le stelle no e mi piace sentire la loro tiepida luce sulle mie ali. E poi c’è un silenzio stupendo, che accarezza le orecchie e aiuta a localizzare le prede e gli ostacoli. Sai come si sente il ronzare delle zanzare nella notte? Come amplificato da mille altoparlanti, sì, quei cosi che assordano anche i già sordi. A me non servono, ma faccio per dire che nella notte è così che si sentono i rumori. Il mondo dorme, ma i nottambuli come me hanno capito che nell’oscurità si vive meglio e c’è tutto da guadagnarci. I sensi sono più acuti, sebbene a me ne difetti uno; non ci sono distrazioni.
Nell’ombra si muove l’essenziale, ciò che serve davvero; il superfluo riposa.
Anche il tempo è diverso, scorre più lento, più dilatato, come se il buio fungesse da rallentatore.
Noi creature della notte ci capiamo, anche se siamo in competizione o ci battiamo per sopraffarci a vicenda (ma solo per sopravvivere, sia chiaro); siamo solidali, ci conosciamo così bene che potremmo perfino giocare insieme, se non fosse che siamo costretti a mangiarci l’un l’altro, secondo la precisa catena alimentare predisposta a monte. Io mangio le zanzi, e magari il gufo mangia me, anche se non credo che poi qualcuno mangi il gufo. Vabbè, qualche ingiustizia c’è sempre.
Non dico che non mi piacerebbe giocare con le zanzare. Sono divertenti con quel zzzzzzz che fanno e quel volare qua e là a casaccio cercando un animale caldo e senza pelo da pungere. È una musica, quello zzzzzzzz. Però a me scatena la fame, non so che farci, e dimentico subito qualsiasi intenzione giocosa.

Ma cosa stavo dicendo? Ah sì, la notte. Volare nella notte nel silenzio, sotto la luna, è impagabile. Non c’è molto traffico nell’aria, giusto l’essenziale. E il fresco ti avvolge anche d’estate, mentre d’inverno magari si sta meglio in qualche grotta, o in un solaio appesi a una trave.

I nidi degli umani sono fantastici. Un po’ pericolosi, è vero, ma basta stare attenti e vi si può sostare a lungo, mettere su famiglia; per modo di dire, con le pipistrelle così permalose sull’affido dei figli.
Ci sono luoghi, all’interno del loro stesso nido, che gli umani nemmeno frequentano. Se ne dimenticano, li lasciano al buio in preda alla polvere, alle tarme, ai ragni, (mmm… che bontà!), ai topi e a chiunque cerchi alloggio. Si sta benone! Tanto io le ragnatele le schivo e la polvere non mi infastidisce. L’unico pericolo può essere dato da qualche femmina umana con l’improvvisa smania della pulizia, ma di solito basta svolazzarle un po’ intorno e scappa via subito. Per qualche strano motivo le femmine umane sono convinte che noi pipistrelli andiamo volentieri a tirar loro il pelo che hanno in testa. Ma figuriamoci! Facciamo di tutto per evitare le ragnatele, nonostante quel bocconcino che possono contenere, e vuoi che andiamo a infilarci in quei quattro peli senza senso? E perchè mai dovremmo farlo? Mica ci troviamo del cibo.
Mah. Strani sì, forse lo siamo, ma gli umani lo sono molto di più.

A parte questi spiacevoli incontri i nidi degli umani, con le loro stanze in alto, fresche, scure e dimenticate, sono il posto migliore che abbia mai abitato, dopo le grotte. Nelle grotte c’è un senso di profondità, di antico. In questi nidi c’è l’avventura e il mistero della specie umana. Tutto da scoprire.

Ieri sono stato scambiato per una rondine. Una cucciola di uomo mi ha afferrato dopo che ero finito sotto un mobile, mezzo morto, disorientato da una nuvola di gas spruzzato per tenere lontane le zanzare. Che incoscienti, avvelenare così il primo che passa! Ci penso io a togliergli di mezzo le zanzi, lo so che sono fastidiose (ma così saporite…), non c’è bisogno di spargere il veleno! Non si riesce a farglielo capire, questa specie è diventata sorda ad ogni comunicazione. Fatto sta che sono finito, stordito, sotto qualcosa che sapeva di legno, di albero, di cera d’api. E mi sono sentito subito afferrare con delicatezza.
«Mamma, ho preso una rondine», ha detto la cucciola, l’ho capita bene, perchè noi pipistrelli non abbiamo perso la capacità di comprendere il linguaggio degli uomini, acquisita fin dai tempi dei tempi.
Una rondine… cioè un pennuto, accidenti… Per lo meno un pennuto gentile e innocuo, un viaggiatore che vede mondi lontani inseguendo il caldo, per poi ritornare al suo vecchio nido. E sia, potevo passare sopra al paragone, in fondo non così offensivo. Ma mi è stato difficile sopportare l’urlo della mamma della cucciola quando si è accorta che non avevo né le piume né il becco, facendo così ben capire che evidentemente, al contrario delle pipistrelle, non riteneva il mio musetto tanto simpatico. Un urlo che mi ha fatto diventare sordo, per qualche istante! La piccola mi ha guardato stupita negli occhi, lo so, l’ho avvertito benissimo, poi mi ha fatto una carezza sulla testa e mi ha lasciato andare, appena in tempo prima che la madre tentasse di ammazzarmi con qualcosa di più forte di una carezza.
«Mamma, ma era un topo con le ali!».
Topo? Prima rondine, poi topo… benedetti umani, ma cosa gli insegnate a questi figli?

Riprendendo del tutto la padronanza di me ho capito di averla rischiata grossa due volte. Prima con quella nuvola tossica, poi con il colpo in testa mancato. Non bastasse il gufo, qui la vita bisogna sempre giocarsela.
Sono volato via nella notte e mi sono subito appeso a testa in giù, preferendo uno spuntone della montagna ad un ramo di albero. La posizione raccoglie i pensieri tutti nella testa, non li lascia scappare, e anche se l’alba era molto lontana mi ha favorito il sonno.
Ne avevo bisogno, dopo un’avventura del genere.
Ma ora la paura (sì, lo ammetto, mi sono spaventato) è passata e un’altra notte è giunta. Mi stiracchio, sbatto un po’ le mie bellissime ali e sono pronto: posso tornare a volare fra la luna e le stelle e andare a caccia di zanzi.


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