Pensieri e riflessioni su "In città zero gradi" di Daniel Glattauer

Creato il 04 gennaio 2013 da Anjaste @anjaste
Daniel Glattauer In città zero gradi Feltrinelli Collana I narratori  pp. 211
Max detesta il Natale e quest'anno, per la prima volta in vita sua, è fermamente intenzionato a lasciarselo alle spalle e a fuggire in un paradiso esotico. Purtroppo, però, ha fatto i conti senza Kurt, il suo cane. Kurt è stato un investimento sbagliato: passa la maggior parte del tempo a dormire e, quando si muove, tutt'al più lo fa per sbaglio. A chi affidarlo durante la vacanza? All'inizio Katrin non ha nulla a che spartire né con l'uno né con l'altro. Alla soglia dei trent'anni deve, suo malgrado, sopportare genitori che devono, loro malgrado, sopportare il fatto che lei non abbia ancora trovato l'uomo giusto. Con l'avvicinarsi del Natale e della tradizionale riunione di famiglia, la pazienza di tutti giunge al limite. Di colpo, però, ecco che all'orizzonte spunta Kurt. A Katrin non piacciono granché gli animali, ma a suo padre ancora meno. L'inserzione di Max per un dog-sitter è un'occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Così in un attimo lei architetta un piano formidabile. Mentre in città la temperatura continua a scendere e la prima neve ammanta di bianco le strade, le vite di Max, Katrin e Kurt si intrecciano inesorabilmente, in un crescendo di sorprese, trovate geniali e battute memorabili. Una nuova e intensa storia d'amore, con il giusto mix di leggerezza e serietà e due indimenticabili protagonisti. Anzi, tre: fare i conti senza Kurt è davvero impossibile. 
Il pensiero di Annachiara:
In città zero gradi è il penultimo romanzo di Daniel Glattauer, pubblicato in Italia da Feltrinelli nel 2011. 
Per chi non conoscesse questo scrittore, sarà utile sapere che è l’autore dell’acclamato romanzo epistolare Le ho mai raccontato del vento del Nord che, diversi anni fa, riscosse un discreto successo in molti paesi grazie ad una storia frizzante e moderna narrata con ironia e leggerezza e al quale fu dato anche un seguito, La settima onda
“In città zero gradi: troppi per ghiacciare, pochi per sciogliere.” 
Con In città zero gradi Glattauer resta sui temi che gli sono più cari, narrando una storia d’amore leggera e spensierata, per fortuna tutt’altro che melensa; in una Vienna prossima al Natale e già imprigionata dalla morsa del gelo e della neve che pare portare più disagi che gioia. 
La storia narra di Max trentacinquenne in procinto di partire per le Maldive che, cercando un dog-sitter per il suo cane, Kurt, conosce Katrin, ragazza quasi-trentenne in cerca di una scusa per non passare l’ennesimo Natale – nonché compleanno – a casa dei genitori. Tra i due nasce subito una spontanea simpatia che li porterà sempre più sull’orlo dell’attrazione ma piccole incomprensioni e un problema molto particolare di Max renderanno l’avvicinamento pieno di ostacoli. 
“Nei primi minuti a Katrin parve di essere in una commedia cinematografica dove il rappresentante un po' confuso e alle prime armi di una ditta di elettrodomestici tenta di vendere a una cliente un'aspirapolvere come se fosse una macchina per cucire e a scopo dimostrativo si presenta con un congelatore.” 
Purtroppo questo romanzo si rivela già dalle prime pagine infinitamente meno riuscito dei precedenti. 
Gli ingredienti ci sono tutti, ma è come se fossero dosati e mescolati male e, quello che ne viene fuori, assomiglia più ad un pasticcio che ad un invitante romanzo da leggere durante le vacanze natalizie per creare atmosfera. 
La storia, dicevo, è tipica di questo scrittore: non ha nulla di eccezionale, tratta del quotidiano, però non annoia, fa sorridere, a volte diverte e certamente intrattiene. Forse però, in questo romanzo assume, soprattutto verso il finale, una sgradevole sfumatura di assurdità di cui si sarebbe fatto volentieri a meno. Inoltre, appare evidente come l’autore non sia assolutamente in grado di amalgamare la vicenda che ha creato senza dilungarsi sugli antefatti e i flashback spuntano come funghi per tutto il libro: pur senza disorientare il lettore, queste parentesi danno proprio l’idea di interi brani inseriti a forza senza soluzione di continuità, solo per spiegare qualcosa di cui Glattauer non ha saputo informarci altrimenti. 
I protagonisti, Max e Katrin, sono, coerentemente con il resto, personaggi alquanto ordinari che, nonostante i pensieri e il vissuto, restano scialbi e privi di forti tratti caratteristici, mentre tutti i personaggi secondari hanno lo spessore della carta velina e, nonostante lo sforzo fatto per caratterizzarli almeno fisicamente, rimangono alla fine tutti sullo sfondo, caratterialmente indistinguibili fino all’intercambiabilità.
Il finale poi, è forse la parte che più mi ha spinto a giudicare non troppo positivamente questa lettura: non solo è, come ci si aspetta, molto molto banale, ma diventa anche sufficientemente assurdo da sfiorare il ridicolo senza tuttavia donare nessuna vera soddisfazione al lettore, senza trasmettere alcuna emozione. 
Veniamo allo stile, quello che più ha aiutato questo autore in passato a sfornare libri degni almeno di questo nome. Qui ritroviamo lo stesso tentativo di ironia, purtroppo molto meno riuscito. Le battute escono forzate, ripetitive, vagamente rassomiglianti a qualcosa di divertente. La narrazione scorre veloce e anche in modo abbastanza piacevole, si sente comunque lo stile dell’autore, abbastanza personale, ed in un paio di punti sono anche stata coinvolta dalle frasi, ma per la maggior parte resta una scrittura un po’ piatta, senza entusiasmi, scialba come i suoi personaggi. L’alternanza dei punti di vista poi, diventa sempre più fastidiosa perché totalmente a caso e spesso anche improvvisa. E fin quando si tratta dei due protagonisti si riesce anche a seguire ma quando poi si passa al cane si resta quanto mento sconcertati. 
Tirando le somme, è stata una lettura se vogliamo piacevole ma totalmente priva di carattere e, quindi, abbastanza evitabile. Un libro che non verrà certamente ricordato.

Annachiara




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