Dal mio poco privilegiato osservatorio, l’estate 2012 stenta parecchio. E chissà se mai decollerà. Però è stato catturato il bosone di Higgs, la “particella di Dio”, una scoperta che ha fatto perdere a Stephen Hawking (non a Pinco Pallino) una scommessa da 100 dollari e che ci ha fatto sognare per due-tre minuti, il tempo necessario prima che la vita dei comuni mortali riprendesse il sopravvento per sentenziare che, di fronte alle molteplici complicazioni quotidiane, non c’è bosone che tenga.
Il sentimento prevalente è la rassegnazione. Rassegnati al governo Monti. Certo, otto mesi fa è stata un’esultanza collettiva, come se l’Italia fosse finalmente riuscita a liberarsi del tappo (senza ironia) che ne impediva il rilancio. Non se ne poteva più di barzellette, escort, regali a “loro” insaputa, ville di qua e lingotti di là. Al momento, non ci sono alternative alla bicicletta. Pedalare, almeno fino al 2013.
Altro sentimento a buon mercato è la sfiducia. Comprensibile. Con ammiragli incapaci di accorgersi del rischio-collisione (e, dopo, hai voglia a gridare “salga a bordo, cazzo!”), non è affatto sorprendente che un comico (aridaje) rischi davvero di fare saltare il banco. Insomma, o Monti e i suoi sodali o il caos. I “poteri forti” non hanno avuto dubbi nella scelta, mentre al popolo – come sempre – non resta che grattarsi. Pazienza se hanno fatto il deserto, edulcorando l’operazione con la trendissima spending review. La fregatura c’è, tanto da suggerire di mettere mano alla fondina ogni volta che viene utilizzato un termine inglese per indicare un provvedimento governativo. La locuzione “u cani muzzica ’nto sciancatu” non è tipicamente oxfordiana, ma rende l’idea. Vedere cosa capiterà all’istruzione per credere: colpi di machete contro università e scuola, a beneficio (casualità) degli istituti privati, nel solco già tracciato quando ancora il governo dei banchieri e dei professori di università private era di là da venire. La disoccupazione record, l’assalto ai diritti dei lavoratori e l’ulteriore precarizzazione del mercato del lavoro, le pensioni che non ci saranno (alla faccia dei diritti acquisiti, validi soltanto per la casta), la razionalizzazione-soppressione di ospedali e tribunali. Anche qui, spending review. Non resta che consolarsi con la telenovela Rai. Da anni si auspica l’estromissione della politica dagli uffici di viale Mazzini, salvo poi dovere puntualmente constatare come neanche una pianta possa essere trasferita di stanza, senza il preventivo ricorso a incistate logiche spartitorie.
Sul fronte delle riforme, si naviga a vista. Nonostante sia tutto un “il Paese ne ha urgente bisogno” e – in caso di fallimento – “i cittadini non capirebbero”. Rimborsi elettorali, assemblea costituente, restyling dell’architettura istituzionale dello Stato. Un chiacchiericcio inconcludente, che raggiunge l’apice con il dibattito sulla legge elettorale, invocata a ogni piè sospinto e bloccata, più che dai veti incrociati, dal sostanziale favore delle forze politiche per l’attuale sistema. Tanto da fare venire il dubbio che, alla fine, la montagna partorirà il solito topolino. O un “porcellinum”.