Immaginiamo quale sarebbe stata l’impressione se il ministro Giovannini fin da subito avesse detto che chi viene espulso dal lavoro prima di aver raggiunto l’età della pensione godrà pienamente gli effetti della legge Fornero, rimarrà cioè senza un soldo per anni, ma che per buona grazia del governo potrà chiedere un prestito per non affogare, prestito che dovrà restituire con gli interessi una volta che sia arrivata la sospirata pensione. Cosa si può pensare di una simile presa per il culo che aggrava semmai la situazione e che se dà una mano, a qualcuno quel qualcuno sono proprio i prestatori, banche in prima fila?
Credo che l’incendio del ministero del lavoro, definizione ormai decisamente bizzarra, sarebbe il minimo che si possa immaginare. E così si è scelta un’altra strada: dapprima il ministro ha fatto intendere che si sarebbe tornati al pensionamento anticipato, facendo un passo indietro rispetto alla riforma Fornero e pur in un bailamme parolaio ha parlato di “un anticipo previdenziale” a cui il governo stava pensando da tempo, ” uno strumento flessibile in funzione delle esigenze soggettive dei lavoratori”. Non è che significhi molto, anzi è un papocchio da cui traluce la malafede, ma questa prospettiva, ripresa da tutti i media non si sa bene se ingannati o complici, ha fatto tirare un sospiro di sollievo, ha creato un’aura di positività intorno all’argomento.
Poi a distanza di 24 ore la smentita: il senso del provvedimento è stato frainteso, si tratta solo della possibilità di un prestito, siamo uno stato cravattaro, mica sociale. Così la notizia che per gli esodati di ieri, di oggi e di domani non c’è in realtà alcuna soluzione o riscatto è stata spalmata su due giorni, ed è perciò risultata meno cruda di una rivelazione che facesse subito mostra di tutto il suo squallore. Una tecnica che il ministro non può adottare per se stesso: Giovannini è Giovannini ed è difficile spalmarne l’effetto.