metto su i miei records on,
il tuo Chris è appena uscito però a me m’ha rotto già da un po’
ma che stai a fa’, che stai a combina'?
una volta cantavi yellow
adesso c’hai le cattedrali nel tuo cuooor?
Ogni lacrima è una waaaaaaaaaterfall
ma tu vattene al diaaaaaaaaaaaavoll
e smettila di gridaaaaaaaaaar
che quando va bene sembri Booooooooooono
quando va peggio Vaaaaaaaaaaasaaaaaaaasco
Coldplay “Mylo Xyloto” Genere: cori da stadio Provenienza: gwynethpaltrowlandia Se ti piace ascolta anche: U2, Keane, Snow Patrol, Baltimora
Adesso è arrivata l’ora di un nuovo album e com’è che hanno deciso di chiamarlo? Mylo Xyloto. No dai, sul serio: come l’hanno chiamato? Mylo Xyloto! °___°
Eppure l’attacco del disco fa ben sperare. “Hurts like heaven” ha un suono electro anni ’80 nervoso, ti fa muovere la testa su e giù come un pezzo dei Coldplay non aveva mai fatto prima. Come apertura è più che discreta, anche se nel finale Chris Martin non può fare a meno di inserire un evitabile coro angelico poco in stile Sigur Ros e più in stile catechismo del sabato pomeriggio. E io penso di non aver mai odiato niente più del catechismo del sabato pomeriggio. Mi mettevo a piangere come una fontanella, every teardrop is a waterfall direbbe Chris, ma i miei mi costringevano ad andarci e pensare che nemmeno gli è mai importato così tanto della religione. Probabilmente mi ci mandavano giusto per avermi fuori dalle scatole per un’ora.
Oh, merda! Hanno pure messo le farfalline sulla copertina.
La situazione è più preoccupante di quanto immaginassi...
"Cos'ho fatto di male per finire in un disco dei Coldplay?"
Poi arriva un pezzo che si chiama “Charlie Brown” e solo un gruppo troppo poco rock’n’roll come i Coldplay poteva intitolare un brano così. Il titolo è comunque l’unica cosa rivelante di un pezzo al 100% coldpleiano che scivola innocuo. Charlie, renditi utili e portami la coperta di Linus che mi schiaccio un pisolino.“Us against the world” è una ballata in slow motion vagamente folk-country. Il genere di pezzi delicati che ai Coldplay riesce ancora discretamente bene. Che forse gli orpelli e le palettes 80s li debbano lasciare a chi sa come usarli e concentrarsi su una scrittura semplice e basic? Potrebbe essere una buona idea, peccato che si sforzino in tutti i modi di fare i cool ma quando ci provano finiscono solo per farsi prendere per il cul. Sarkò, Anghela: smettetela di ridere. Merci. Danke.
“Major minus” ha un ondeggiamento più rock, per quanto il maritino salutista di Gwyneth Paltrow possa fare del rock, e un coretto che ricorda parecchio un brano più o meno famoso, “Sympathy for the devil” di certi Rolling Stones. Dopo le accuse di plagio che sono piovute loro addosso già con lo scorso disco, la pericolosa e famigerata “sindrome da Zucchero” sta entrando per loro in una fase acuta? In ogni caso il brano non è per nulla riuscito. Il rock non è proprio la loro cosa. Ma questo già lo sapevamo.
“Princess of China” è il pezzo della discussa collaborazione con Rihanna. La canzone ha un andamento quasi hip-hop alla Kanye West, ma senza avvicinarsi not even far away alla sua potenza e genialità. Il vocal di Rihanna farà storcere il naso ai puristi coldplayani ma secondo me è tra le cose migliori dell’intero album. Anche perché della voce di Chris Martin francamente non ne potevo più e pure lui, autoinfastidito da se stesso, la pensa così. Peccato per i soliti cori da stadio che invece non giocano a favore del pezzo, uno dei migliori di Mylo Xyloto ma uno dei peggiori degli ultimi tempi per Rihanna, che ci aveva abituati a collaborazioni di ben altro livello con Eminem, Kanye West, Jay-Z, Calvin Harris, Drake, Nicki Minaj, T.I. e persino Britney Spears!
“Don’t let it break your heart” con quel piano va in territori Keane. Fatto curioso, perché una volta erano i Keane a ricordare i Coldplay, adesso viceversa. Il resto dei suoni riporta invece dalle parti di “Every teardrop is a waterfall”. E non è certo cosa giusta e buona.
“Up with the birds” chiude con la solita lagna coldplayana, per un disco che nei primi pezzi faceva intravedere qualche luce, qualche abbozzo di idee, e invece sprofonda nella confusione, nell’apatia e nella noia. Per quanto una insufficienza ancora più pesante al disco dei tanto blogger-odiati Coldplay mi renderebbe più fico al mondo della blogosfera, non fico quanto Ryan Gosling ma comunque piuttosto fico tipo boh Michael Fassbender, devo dire che non tutto mi è dispiaciuto del tutto. È vero: i Coldplay sono troppo più famosi dei loro reali meriti. È vero: ci sono un sacco di band che non si fila nessuno che fanno musica molto ma molto più coraggiosa, eccitante, entusiasmante di loro. È però vero anche che là fuori c’è della musica peggiore. Certo, Mylo Xyloto con quel suo nome del cazzo non credo rientrerà nella classifica dei miei dischi preferiti dell’anno nemmeno se facessi una top 100 o top 200 o top 1000, per dire, però un paio delle sue canzoni ogni tanto potrei ascoltarmele per addormentarmi. Peccato poi arrivino tutti ‘sti cori da stadio e prendere sonno diventi più difficile che in mezzo alla curva Sud. Perché la più grande influenza di questo è album è il “Po-poppoppopopo”. E intendo proprio il “Popporoppopopo”, non “Seven Nation Army” dei White Stripes.
Indovinate cosa sta facendo?
Facile: un coro da stadio!