La previdenza complementare è formata da un sistema di contribuzione a capitalizzazione, che consiste nella creazione, per ogni iscritto, di un conto individuale dove vanno a finire i versamenti che vengono poi investiti nel mercato finanziario producendo interessi. Il sistema pubblico obbligatorio invece è a ripartizione, cioè i contributi versati vengono utilizzati per pagare i pensionati.
All’aderente al fondo, al momento del pensionamento, verrà liquidata una
pensione oppure, su sua richiesta, un capitale massimo del 50% e altrettanto in rendita. In questo modo i lavoratori potranno costruirsi negli anni una somma importante che potrà, dopo il pensionamento, aiutarli a mantenere uno stile di vita uguale o simile a quello che mantenevano durante la vita lavorativa.
Forse il termine “complementare” non è del tutto appropriato. Infatti questa nuova forma previdenziale non è un accessorio e non ha una importanza secondaria, ma al contrario, specie per i giovani lavoratori, rappresenta un elemento indispensabile per una pensione futura adeguata.
Per cui la previdenza complementare è:
> Indispensabile per chi ha iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995 (sistema contributivo), per integrare con una rendita adeguata la pensione pubblica.
> Importante per chi aveva meno di 18 anni di contributi versati al 31 dicembre 1995 (sistema misto). Tanto più importante quanto più lungo è il periodo di lavoro successivo al 1995, perchè i contributi versati sono sottoposti al sistema contributivo.
> Conveniente anche per chi al 31 dicembre 1995 aveva già 18 anni di contributi versati (sistema retributivo), per ottenere un capitale aggiuntivo al termine del periodo lavorativo.
A fine 2010, su un potenziale di oltre ventuno milioni, tra lavoratori dipendenti e autonomi, solo un lavoratore su quattro risulta essere iscritto. Esclusi quelli del pubblico impiego, quindi, poco più di cinque milioni di lavoratori hanno aderito alla previdenza complementare. Non sono numeri soddisfacenti, ma il trend è destinato a crescere.
Con la riforma Maroni prima (decreto legislativo 252/2005) e, soprattutto, con la Finanziaria del 2007 poi, si è deciso di accelerare i tempi spingendo i lavoratori a destinare il proprio Tfr alla pensione complementare. Ma occorre scegliere a occhi aperti tenendo conto dei vantaggi e degli svantaggi che offrono i fondi pensione.