Si tratta per parlar chiaro di una carognata architettata dalle vesciche di governo che al di là delle loro liti con l’Europa messe in piedi per tutelare quelle poche migliaia di ricchi che non vogliono mettere in discussione l’opacità domestica nella quale navigano come squali, ovvero il sistema politica – affari, in realtà sono i primi della classe quando si tratta di derubare i ceti popolari e sottrarre reddito e diritto alle persone in nome delle teorie liberiste e della loro traduzione brussellesca. Ma al di là degli intenti immediati di risparmiare qualche spicciolo per poi sperperarlo in F35 o in prebende per gli amici, dell’ansia di presentarsi come massacratori di diritti e di buon senso dunque come virtuosi agli occhi degli oligarchi titipisti, nonostante vengano inferti ulteriori colpi all’economia del Paese, il provvedimento esprime più che adeguatamente l’intento finale, oggi ancora nascosto sotto la paglia delle chiacchiere e del non detto: quello di trasformare l’intero sistema pensionistico in una questione puramente assistenziale.
Del resto questo esito era consustanziale alle manovre di questi anni: la precarizzazione del lavoro e l’adozione del puro sistema contributivo sono stati la premessa per la totale decostruzione del sistema pensionistico che a parte i vertici o chi si arrangia con l’evasione non renderà più possibile avere in futuro una pensione che sia poco più che un pourboire. Tutti durante la loro vita lavorativa saranno costretti non solo pagando i contributi in cambio di un obolo, ma anche ad arrangiarsi privatamente sottraendo soldi all’economia reale e riversandoli nelle casse di chi fa speculazione globale e puramente finanziaria. E di contro avremo una popolazione anziana che non potrà permettersi niente più che la pura sopravvivenza, del resto accorciata dal progressivo smantellamento della sanità pubblica. Quello che agli occhi appannati e rimbambiti dell’Europa e dell’Occidente appare come una razionalizzazione e un risparmio è invece l’avvelenamento delle radici stesse su cui si è innestata la prosperità diffusa quanto meno nel ceto medio e comunque la dinamicità economica. Ecco perché siamo inequivocabilmente negli ultimi anni dell’impero.