Tornando all’Italia e limitando il discorso al sistema pensionistico, la situazione è che, a causa della suddetta crisi, dell’altissimo debito pubblico, della prevista debole crescita futura dell’economia, dell’invecchiamento della popolazione e della riduzione del tasso di natalità, le pensioni, di cui nei prossimi anni godranno i cittadini, saranno progressivamente sempre più basse
rispetto a quelle percepite negli anni passati. In sintesi, la pensione che si percepirà sarà di molto inferiore all’ultimo stipendio.
Di conseguenza, se un cittadino non vorrà ridurre pesantemente il proprio tenore di vita quando andrà in pensione, dovrà, durante l’età lavorativa, accantonare una parte del proprio reddito e investirla in ottica previdenziale.
In effetti la previdenza integrativa sta diventando una delle prime emergenze cui un lavoratore sa di dover far fronte per tempo, cioè avviando un piano il prima possibile. Praticamente le generazioni dai 40-50 anni di età in giù sono condannate al risparmio forzato.
Ma quanto un lavoratore dovrà accantonare? Per rispondere a questa domanda il cittadino deve innanzitutto capire quale sarà il suo “tasso di sostituzione” lordo, cioè l’importo della sua pensione in percentuale sull’ultima retribuzione percepita.
Secondo i dati forniti dall’ultimo rapporto dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), nel 2009 in Italia un pensionato portava a casa una pensione media pari al 67,9% dell’ultima retribuzione, contro una media Ocse del 59%.
Per fare un confronto riportiamo la classifica dei principali Paesi in base al tasso di sostituzione medio:
1 – Grecia 95,7%
2 – Olanda 88,9%
3 – Danimarca 88,0%
4 – Spagna 81,2%
5 – Austria 80,1%
6 – Italia 67,9%
7 – Svezia 61,5%
8 – Norvegia 59,6%
9 – Francia 53,3%
10 – Germania 43,0%
11 – Usa 40,8%
12 – Irlanda 39,8%
13 – Giappone 35,7%
14 – Regno Unito 33,5%
Da segnalare che la Grecia ha vissuto fino ad oggi (prima degli interventi “lacrime e sangue” varati dal governo) al di sopra delle proprie possibilità. Anche a livello pensionistico, con il tasso di sostituzione più alto dei Paesi Ocse pari al 95,7%. Anche a causa di ciò la Grecia accusa un deficit di bilancio del 13,6% e un debito pubblico del 115% ed è praticamente fallita. Per “tirare avanti” si è dovuta far prestare 110 miliardi di euro dalla UE (Unione Europea) e dal Fmi (Fondo Monetario Internazionale), che probabilmente non restituirà mai.
In Italia il tasso di sostituzione dello stipendio del 67,9% è tuttavia destinato a scendere. Per i più giovani si stima che scenderà sotto il 50%. Infatti l’ultima riforma varata dal governo introduce dei meccanismi automatici di adeguamento delle pensioni, definendo il “quando” ed il “quanto” in base all’allungamento della vita media.
Il nuovo meccanismo aggancia l’età pensionabile, sia per rendite di vecchiaia che per quelle di anzianità, alle speranze di vita, e scatterà a partire dal 2015, e per la prima applicazione l’aumento massimo dell’età pensionabile non potrà superare i tre mesi. La riforma diventerà operativa nel 2016. La revisione dei limiti di età avverrà ogni tre anni e comporterà anche l’aggiornamento dei coefficienti di calcolo della rendita contributiva.
Insomma, più si vive, più tardi si andrà in pensione. E’ facile quindi prevedere che l’età di entrata in pensione sarà sempre più alta e la pensione sempre più magra. Tra l’altro, nel caso in cui la variazione della speranza di vita risulterà negativa, i requisiti di età per accedere alla pensione non varieranno.