Penso che il cielo è sempre blu

Da Benben73

Oggi è un’altra giornata delle mie; una di quelle in cui hai voglia di condividere qualcosa di te, con la consapevolezza che, probabilmente, agli altri (cioè a voi) potrebbe fregare un cosiddetto “cippa-lippa”.

E’ che lo spunto me lo ha dato La Giò la scorsa settimanana, quando tramite Whatsapp (o come lo chiamo io “Uozzapp”), mi ha inviato una slide dei Peanuts, questa:

La conoscevo. L’ho amata dal primo momento in cui l’ho vista e letta. Sui social e in rete gira assieme a tante altre esilaranti. Non so voi, ma adoro questo brachetto e tutto il mondo dei Peanuts. Appena vista, mi sono ripromessa di dedicarle un piccolo spazio su quest’isola nuvolosa e molto gomitolosa; in questo spazio tutto mio in cui scrivo, vivo, ricordo, condivido e scarabocchio pensieri arrotolati sulle dita.

Chi mi conosce lo sa che la scelta di mollare l’avvocatura non è stata affatto facile, semplice ed indolore. Tutto il contrario.

E’ stato un passaggio dolorosissimo, moralmente, psicologicamente e fisicamente. E chi non ci è passato, non può capire.

A distanza di tre anni posso, con apparente tranquillità, guardare il tutto dall’esterno, come se la cosa non mi riguardasse e provo, spesso da sola, spesso con lui, a fare le considerazioni del caso. Sì, perché il tempo passa ed io con lui, ma certe scelte ti rimangono sempre lì, davanti al naso e, anche se non vuoi, il naso ce lo sbatti contro e allora pensi.

Io ci penso, ci penso quando vedo questa vignetta o quando vedo i miei colleghi (sì, perché per me rimangono sempre tali) e amici. Penso alle mancanze, alle capacità ed ai difetti di ciascuno. Penso a ciò che mi ha portato a fare l’avvocato e al sudore versato per arrivare a conquistare il titolo. Il TITOLO. Penso al diritto che conoscevo e conosco (anche se ora alcune nozioni sono smarrite), alla giustizia e al Tribunale – luogo che mi metteva sempre un sacco di ansia e paura – con le sue aule piccole, sovraffollate e caldissime. Penso alle cancellerie e alle tesserine per le fotocopie, alle marche da bollo ed ai soldi sempre contati e spesso in difetto. Penso alle scale e all’omino dell’ordine degli avvocati: un elfo degno della Gringott (cit. Harry Potter). Penso all’inutilità dell’apparenza e di quelle belle parole che si sprecano in certi frangenti. Penso agli abiti ed ai sorrisi smaglianti, ai sigari ed ai gemelli sui polsini. Penso alla sostanza di un atto, alle dettagliate conclusioni e domande riconvenzionali. Penso anche agli errori madornali di certe citazioni lette e all’assenza totale di punteggiatura ad eccezione del punto finale. Penso alla gentilezza di certe cancelliere e alla maleducazione di tanti. Penso alla voglia di cambiare in meglio le cose ed aiutare le persone. Penso alla scadente e banalissima politica “causa che pende, causa che rende“. Penso anche a tutti coloro che, parruccati, da dietro alti scranni hanno deciso che il non guadagno (o minimo guadagno) è testimonianza del non esercizio continuativo della professione: a loro va il mio ironico grazie. Penso al senso di smarrimento dei praticanti e provo tenerezza. Penso a tutte queste cose e a tutte le parole dette e sentite. Penso che se non sei squalo non potrai mai essere predatore; e che se non sei né squalo né predatore potrai sempre essere gentile. Penso ai complimenti di certi giudici e mi gongolo un poco (fiero ricordo): allora non facevo così schifo. Penso ai caffè nei bar ed ai discorsi di strategie calcistiche e di tornei da organizzare. Penso alle code dagli Ufficiali Giudiziari e in posta. Penso ai colleghi volati via troppo presto, alle loro parole ed ai loro sorrisi. Penso alle ore trascorse dietro una scrivania, su fascicoli, immersa in ricerche per acchiappare il boccino d’oro (cit. Harry Potter) e dare una svolta al caso. Penso alle cene di studio ed ai sorrisi. Penso alle “bestie” più dolorose ed odiose che ho dovuto affrontare negli esseri umani: ipocrisia – indifferenza – egoismo. Penso alle lacrime versate ed alle paure di non essere mai all’altezza: io ero e sono all’altezza. Penso ai convegni ed ai crediti da racimolare per testimoniare lo status di Avvocato che si sta formando e specializzando. Penso a tutto e a tanti. Penso a questo senso – ancora – di apparenza e mi domando: dove sta la sostanza?

Avevo bisogno di sostanza. Quella vera, quella palpabile. Avevo bisogno di sapere che potevo, nella mia piccolezza, fare davvero qualcosa vuoi con i miei sogni, o fili, o gomitoli, o pensieri scarabocchiati qua e là. Avevo bisogno di sorrisi e gentilezza. Di cortesia e moralità. Avevo bisogno di silenzio e verità, da me stessa e dagli altri. Avevo bisogno di scrollarmi via di dosso quel senso di apparente utilità di cui mi ero fatta rivestire. Avevo necessità di capire tante cose e di qualcosa che prescindesse dal “dio denaro” e rafforzasse ciò in cui ho sempre creduto e credo: l’umiltà, la volontà, il rispetto, la voglia di fare, la passione per ciò che si fa e il coraggio di chiedere scusa. Forse sto ancora cercando di capire molte cose. Alcune le ho apprese, ma altre – ahimè – no. Ma la ricerca continua ed una cosa rimane certa e salda: in fondo… il cielo è sempre blu!

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