Pentimento

Da Nubifragi82 @nubifragi

“B&B Dissolvenza” è una locanda immaginaria creata da me e il mio amico fotografo Franco Beccari (altri meravigliosi scatti di Franco li potete trovare nel suo profilo flickr) dove una narrazione accompagnata da una fotografia progressivamente scomparirà, lasciando a l’ospite il compito di immaginare l’antefatto e il prosieguo. Questa la terza puntata.

Ti avevo chiesto un posto lontano da orecchie indiscrete. Ti avevo chiesto che non ci fosse nessuno. Ti avevo chiesto di presentarti puntuale. Ti avevo chiesto un punto preciso. Niente. Non ne hai centrata una. E’ passata mezzora dall’orario prestabilito e io mi ritrovo a vagare tra navate, absidi e colonne alte come alberi e dovresti sentire che frastuono fanno i passi in un luogo dove puoi ascoltare a metri di distanza le preghiere sibilate da beghine assorte nella trascendentale ammirazione della Vergine Maria. E quel giovane pretino, che pare giunto da chissà quale amena provincia, che mi squadra con occhi che paiono voler lacerare ben oltre la carne. Sbatte il portone d’ingresso e oscure figure di uomini e donne si perdono tra i chiaroscuri e le infinite prospettive. Alcuni di loro appaiono nelle fessure che la pietra concede tra le altre navate per poi scomparire e ricomparire ancora. I loro passi sono cadenzati, ritmati sulle litanie delle beghine. Le loro movenze non sobillano lo sguardo del pretino di provincia. Solamente delle mie suole si percepisce l’eco, solamente il mio portamento provoca sdegno agli astanti, solamente il mio corpo è lambito dalla luce ovunque vada. Sono una presenza ingombrante, fuori luogo. Ti avevo chiesto di perdonarmi, ti avrei spiegato tutto, volevo solamente raccontarti la mia versione, presentarti le mie scuse. Tu tacevi, io volevo solamente dimostrare il mio pentimento. Allora mi hai indicato questo posto. Tu ci sarai? Ancora silenzio. Ora non mi volto più nemmeno quando il portone sbatte, di anime belle entrare e uscire ne ho già viste assai. E so che tu non verrai, o forse già sei qui, in chissà quale abside o transetto, mentre io vago oppresso dal silenzio di queste pietre immortali e dall’odore di incenso e peccato. Mi pare di essere un elefante in uno stagno. Mi sento sgraziato, pesante, fragoroso. Osservo questi ferri da stiro battere senza grazia il lastricato e solo ora mi accorgo di stare calpestando la mia ombra. Io sono l’elefante, certo, ma io sono anche lo stagno. Ho una coscienza piccola che il peso delle mie azioni ha devastato. Posso sentire i miei passi di piombo calpestare i miei stessi pensieri. Pochi minuti fa avrei voluto fermarmi, ora so che devo continuare a battere il pavimento finché i miei passi non si saranno fatti cadenzati e leggeri, le mie movenze composte e delicate. Finché nessuno vedrà in me un pachiderma nello stagno. Allora, quando ancora sarò elefante, ma una parte di me si sarà tramutata in mare placido e azzurro, potrò fermarmi. Non so quanto tempo ci vorrà.
Ovunque tu sia, aspetta.

Puntate precedenti:

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