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Peppino Impastato, un Sogno che Smuove le Coscienze

Creato il 18 novembre 2013 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Antonino Reina Peppino Impastato, un Sogno che Smuove le Coscienze

«Dopo aver creato in sei giorni l’intero universo Dio ne impiegò uno intero per fare l’Italia. San Pietro un po’ incazzato disse a Dio: “Non è giusto, non soltanto hai impiegato un intero giorno per fare l’Italia, ma l’hai anche fatta più bella di tutto il creato”. Dio si rivolse a Pietro e gli disse: “Hai ragione, vorrà dire che dopo aver fatto l’Italia ora mi tocca fare gli italiani”. E come siamo noi italiani? Siamo ubbidienti, servili, amiamo il silenzio ed amiamo farci i cazzi nostri. Perché? Perché c’è la famiglia e quindi ci conviene obbedire, essere servili, ci conviene fare silenzio e farci i cazzi nostri. Perché c’è la famiglia, la tribù. Comunque bella l’Italia dal Nord al Sud”».

La mafia non ha confini né limiti territoriali; non indossa la coppola, non è più, esclusivamente, siciliana, ma parla bene tutti i dialetti e continua ad infiltrare, drammaticamente, la nostra società. Lo hanno capito bene i giovani del Gruppo Antimafia Pio La Torre di Rimini: a settembre hanno pubblicato Romagna Nostra: le mafie sbarcano in Riviera, un coraggioso reportage sulla presenza delle mafie a Rimini, San Marino e sulla riviera romagnola. Proprio ai ragazzi del GAP è stato concesso, simbolicamente, di presentare una bella iniziativa teatrale, di alzare il sipario sul ricordo di Peppino Impastato, il più giovane e battagliero attivista antimafia che la storia ricordi. Di un ragazzo, è bene non dimenticarlo, ucciso a 30 anni, troppo presto per apprezzare positivi segnali di cambiamento, ma in tempo per assurgere a simbolo di legalità e di strenua lotta alla criminalità. Al sogno di Peppino è stata dedicata una fortunata tournée teatrale, che ha percorso l’Italia in lungo ed in largo prima di far tappa alla Sala Diana del Circolo dei Malfattori di Poggio Berni, nell’immediato entroterra riminese: un tributo toccante ed originale, messo in scena da Giulio Bufo, poliedrico attore, e dal musicista Federico Ancona.

Peppino Impastato, un Sogno che Smuove le Coscienze

Ai due artisti pugliesi il compito di svelare il lato più inedito di Impastato: di rappresentare Peppino il rivoluzionario, il militante, Peppino il comunista; ovvero un giovane generoso, che ha fatto della lotta di classe e dell’impegno civile la sua missione di vita. Il ritratto che ne deriva, a prima vista eccessivamente politicizzato, nasconde in realtà espressioni di umanissima sensibilità: Impastato sbuffa, protesta, dichiara guerra al padre malavitoso, che la mafia ce l’ha in testa, e «quando la mafia ti entra dentro, diventa il tuo modo di pensare, il tuo modo di essere, e niente e dico niente può cambiarti». Un’indignazione che coinvolge il pubblico e che diventa a tratti rabbioso delirio, nei confronti della società impassibile, dell’accondiscendenza della massa, perfettamente sintetizzata da quel «facciamo finta che tutto va ben» che richiama alla mente la sigla di una nota trasmissione televisiva del 1975. Poi, ecco anche un Peppino debole e tormentato nel rivangare l’uccisione di Cesare Manzella, capomafia di Cinisi («Io la sento ancora quella puzza di bruciato, l’esplosione di quella Giulietta che determinò la fine di una dinastia, quella dei Manzella».), nel nominare Tano Seduto, il boss Gaetano Badalamenti; un Peppino tenero e passionale nel ricordare un amore giovanile («Se ho amato? Certo che ho amato, ma io forse non ho tempo d’amare»).

Peppino Impastato, un Sogno che Smuove le Coscienze

Una tensione emotiva, splendidamente rappresentata da Giulio Bufo, ed a tratti allentata dal flauto di “Fischietto” Federico Ancona; arricchita dal simbolismo di un’arancia frantumata e dalle macerie presenti sul palco. Una scena in cui c’è tempo per raccontare il sogno realizzato da Peppino nel 1976: la fondazione di Aut, radio autofinanziata, ovvero la voce di denuncia dei delitti e degli affari dei mafiosi di Cinisi; quella radio che conclude lo spettacolo con l’elencazione dei tanti morti per mafia, chiamati per nome (Emanuele, Luciano, Calogero, Carmelo, Epifanio, Placido, Pio, Rosario, Graziella, Claudio, Giuseppe, Biagio, Giuditta, Libero, Rita), e delle tante stragi senza una verità (Piazza Fontana, Bologna, Ustica, Capaci, Cermis, Molfetta). «Se questa è la mafia io la combatterò per tutta la vita, Se questa è la mafia, quella nobile, che uccide, che fa saltare la gente per aria, io non ci sto e la combatterò per tutta la vita, Se questa è la mafia, che vive sulle spalle degli altri, sul lavoro e sul sudore degli altri io non ci sto. Se questa è la mafia, accettare, fare silenzio, io non ci sto e non m’interessa nulla di mio padre e della mia famiglia, ne dobbiamo uscire fuori».

Le due immagini relative allo spettacolo sono di Palma Salvemini

Peppino Impastato, un Sogno che Smuove le Coscienze


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