Che cosa significa "Per sempre carnivori"?
Nonostante i tentativi dell’umanità di eliminare quell’essenza animale che ci portiamo dietro resta, nelle fondamenta dei nostri comportamenti, un che di crudelmente naturale. Parlo delle tecniche di combattimento, di corteggiamento, di accoppiamento. Si uccide per il potere, per la disperazione, per la fame o per passioni difficili da gestire. Sanguinari come siamo, quando non possiamo combattere nelle trincee ci inventiamo il pugilato, le arti marziali, il calcio. Inoltre se uno nasce e viene educato in un certo modo resterà tale. I deboli hanno poche difese e i furbi cadono sempre in piedi. Questa legge di natura è alla base di ciò che ho scritto mettendo l’accento sul fatto che le nostre debolezze e assenza di difese nascono al 99% nella famiglia di origine.
Con questo nuovo romanzo hai voluto dare uno spaccato sulla scuola italiana diverso dalle cronache ufficiali: che cosa ci vorrebbe per restituirle dignità e un ruolo di primo piano nell'opinione pubblica?
Niente. Ormai la frittata è stata fatta. Si è voluto scientemente degradare la scuola a rango di contenitore per frustrati della patria. Ora si fa complicato risalire la china. Resta una realtà bellissima perché è l’unico lavoro che ti permette di confrontarti con esistenze, universi in via di espansione e non con carte bollate e documenti anche se la burocratizzazione sta cercando di spegnere gli ultimi fuochi di libertà.
Ci hai abituati ad una scrittura tesa, aspra, lucida, qual è il tuo approccio nella stesura di un romanzo?
Presto molta attenzione ai primi passi della storia ed è lei stessa che spesso mi suggerisce come scriverla. Lo scrittore è un po’ sciamano, un po’ artigiano, un po’ chirurgo. L’importante è che una volta abbracciata la causa si metta da parte timidezza e pigrizia. Se devi scrivere una storia non avrai altro dio all’infuori della storia stessa. Se cedi a condizionamenti sei fregato. Verrà fuori un libro decente, ma in cuor tuo saprai che avresti potuto fare ben altro. Del resto le storie sono tutte uguali e qualcuno prima di te ha scritto la tua stessa storia perciò l’elemento cruciale non è cosa scrivere ma come scriverlo. Tutta lì la partita.
La tua terra - la Puglia ed in particolare la provincia di Taranto - è sempre protagonista nei tuoi libri, anche se da anni vivi da migrante al Nord. Che rapporto hai con le tue origini? Nostalgia? Rivendicazione?
È lo scenario che mi è più congeniale. Non amo chi scrive di luoghi e atmosfere che conosce solo per sentito dire o perché un tale giorno di un tale anno ha visitato quel posto e lo ha affascinato. Non c’è nulla di meglio di scrivere di ciò che si conosce. Non dico nulla di originale, ma condivido questa scuola di pensiero. Ora Taranto è diventata di moda. Ma nel 1999, ai tempi del Cadetto, non lo era eppure di quello ho scritto e temo di continuare a farlo. Nel mio piccolo vorrei accendere un razzo di segnalazione che possa significare ehi, siamo qua, ci siamo anche noi!
Da dove attingi idee per scrivere? Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Mi piacciono gli scrittori del Maghreb; mi piace Philip K. Dick perché ha fatto di un genere minore un punto di riferimento anche per quelli come me che non amano la fantascienza; mi piace Piero Chiara perché nei racconti aveva coraggio da vendere; in generale mi piacciono gli scrittori non professionisti, quelli che nella vita facevano altro e poi dalle loro esistenze hanno attinto letteratura. Da dove attingo le idee per scrivere? Dalla vita. Una vetrina di inestimabile valore messa a disposizione dello scrittore. La vita, sempre la vita perché come qualcuno ha detto è lo spettacolo più bello del mondo e non si paga nemmeno il biglietto per assistervi.
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