Ben tappati dentro i poveri,
ma fidati lor ricoveri,
mentre, lento, sui tizzoni
cuoce il lor desinaruzzo,
i pacifici lapponi
bevon l'olio di merluzzo.
Fuori il vento piglia a schiaffi
quattro o cinque abeti squallidi:
gli orsi bianchi sono pallidi
pel gran freddo, e si dan graffi
l'un con l'altro per distrarsi...
Oh! bisogna ricordarsi
che ormai nevica da mesi;
fiumi e rivi presi al laccio
dell'inverno, son di ghiaccio
(e che ghiaccio! perché il ghiaccio
è assai freddo in quei paesi).
Ma che importa lor? Ghiottoni
dallo stomaco di struzzo,
i pacifici lapponi
bevon l'olio di merluzzo.
E son là, raccolti e stretti,
padre, madre, zii, bambini
(battezziamoli lappini,
i lapponi pargoletti?)
e poi c'è la nonna, il nonno,
qualche amico dei vicini;
ciascun preso già dal sonno
perché ha l'epa troppo piena
già di grasso di balena;
pure, a nuove imbandigioni
ogni dente torna aguzzo,
e i pacifici lapponi
bevon l'olio di merluzzo.
Beatissimi! Fra poco,
tutti e quanti russeranno
in catasta attorno al fuoco.
Poi, doman, si leveranno,
mangeranno e riberranno
il buon olio di cui sopra,
e così, per tutto l'anno
sempre... fin che moriranno.
Così svolgesi la loro
vita, piana e senza scosse,
senza mai quell'ansia insana
che ci muta in pellirosse;
senza il fiel, senza la bile
necessari all'uom civile.
Ho da dirvelo? Una smania
prepotente mi dilania,
ed invan da più stagioni
in me dentro la rintuzzo...
Vo' in Lapponia, tra i lapponi,
a ber l'olio di merluzzo.
ERNESTO RAGAZZONI