27 Gennaio 1945: le truppe sovietiche della Prima Armata del Fronte Ucraino entrarono nel campo di sterminio di Auschwitz, in Polonia, e trovarono 7.000 prigionieri ancora in vita. I nazisti infatti li avevano lasciati lì perché considerati ‘malati’. Quel giorno segnò la fine di una delle più grandi tragedie della storia dell’Umanità, l’Olocausto. E, da qualche anno, è stata decretata come Giornata della Memoria proprio il 27 Gennaio.
L’abominio dell’approvazione e promulgazione delle leggi razziali è una vergogna della quale, dopo la Germania nazionalsocialista hitleriana dal 1933 in poi, si è resa responsabile anche l’Italia fascista. Il Regio Decreto Legge del 17 Novembre 1938, n.1728, recava il titolo “Provvedimenti per la difesa della razza italiana”, con il quale furono prese decisioni in merito al matrimonio misto, ai cittadini di razza ebraica, alla loro condizione sociale, economica, politica, del tutto ‘inferiore’ a quella della razza ariana. Gli ebrei e tutti coloro colpiti da tale ‘legge’ vennero sistematicamente esclusi dal tessuto sociale italiano, in un primo momento; fino alle peggiori conseguenze dell’arresto e deportazione nei campi di concentramento e nei campi di sterminio, come prevedeva anche la legge razziale tedesca, con l’inasprimento successivo del conflitto mondiale. Ma le ragioni che spinsero anche l’Italia del duce a varare tale legislazione non furono solo politiche in quanto alleato di Hitler, ma vi furono precise ragioni economiche e di interesse ad attaccare nel particolare cittadini di religione ebraica che, seppur una minoranza, erano ben instaurati nel mondo del commercio e dell’industria; non da ultimo, un’autoaffermazione di superiorità decisionista da parte della dittatura che addusse motivazioni pseudo-scientifiche in merito alle distinzioni tra razze e in ogni caso una deriva totalitarista che negava i diritti di molti cittadini italiani, e dunque figurarsi se non delle minoranze anche. Ma il discorso non termina qui, e sarebbe troppo complesso da affrontare in questa sede.
La legislazione razziale italiana venne abrogata con la Legge 20 Gennaio 1944, n.25. In una sentenza del Tribunale di Milano del 10 Dicembre 1945, il giudice Arru, estensore della stessa, affermava che “dall’esame di tutta la legislazione razziale si vince che lo Stato si proponeva di eliminare il cittadini di razza ebraica dalla vita politica, intellettuale ed economica della nazione, intendeva considerarlo come un essere inferiore al cittadino ariano, negandogli l’esercizio di alcuni diritti e facoltà pubbliche e private o riducendogli rigorosamente l’esplicazione di quelle poche consentite”. Come anche ribadito a più riprese, e ancora più decisamente, da sentenze risarcitorie dei decenni successivi che servono, indirettamente, da richiamo convinto a chi ancora oggi, dopo oltre 60 anni, nega l’esistenza della Shoah e della persecuzione razziale.
La Memoria va esercitata sempre, non in un solo giorno. E, per farlo, oltre all’insegnamento nelle scuole, ai libri, alle testimonianze dei sopravvissuti e dei loro figli, ci viene in sostegno anche il Cinema. Molte sono le pellicole dedicate al tema dell’Olocausto e della persecuzione, che ne parlano in maniera diretta o che comunque si riferiscono alle drammatiche conseguenze. Ecco alcuni spunti, che vorrei riproporre.
“Il Diario di Anna Frank” (The Diary of Anne Frank), diretto da Geroge Stevens, 1959
Vincitori e Vinti (Judgement at Nuremberg), diretto da Stanley Kramer, 1961
“Il giardino dei Finzi Contini”, diretto da Vittorio De Sica, 1970
“La Scelta di Sophie” (Sophie’s Choice), diretto da Alan Pakula, 1982
“Schindler’s List”, diretto da Steven Spielberg, 1993
“Jona che visse nella balena”, diretto da Roberto Faenza, 1993
“La Vita è Bella”, diretto da Roberto Benigni, 1997
“Concorrenza Sleale”, diretto da Ettore Scola, 2001
“Il Pianista” (The Pianist), diretto da Roman Polanski, 2002
“Il bambino con il pigiama a righe” (The Boy in the Striped Pyjamas), diretto da Mark Herman, 2008
“The Reader – A voce alta”(The Reader), diretto da Stephen Daldry, 2009