Di lui, ovviamente, continuava ad avere notizie. Ma – dopo un inizio di anno scoppiettante – il buio del lungo autunno aveva determinato un (inevitabile) rallentamento delle chiacchierate di ordinanza. Perché la ‘povna rispondeva a priorità altre e lui, che sapeva quel che stava succedendo, aveva scelto di regalarle il suo silenzio, motivandolo anche con una (molto adulta) consapevolezza che – quando si arriva a certe cose – la cosa più saggia è sapersi far da parte. E aspettare.
Aveva però sentito la sua mamma, e lei – oltre a vari segni dal canale telematico – le aveva riportato l’impressione di una crisi da nuovo inizio. La ‘povna non si era nemmeno poi stupita troppo, conoscendo l’abitudinario Corto. Perché un conto è annoiarsi dentro un mondo che conosci a menadito, come quello scolastico, un conto è trovarsi all’improvviso dentro il mondo reale. Ma ‘povna sapeva che era questione di tempo. E certe cose, talvolta, dall’una e dall’altra parte, devono solo decantare. Così, una notte di primavera, Corto Maltese si era fatto di nuovo vivo, sua sponte. Con i giri di parole adatti, le aveva chiesto come andasse; e poi si era dato lui stesso a raccontare.
Tutto questo capitava la settimana prima della consegna dei diplomi, e alla ‘povna era parsa una di quelle coincidenze giuste. Tra un sospiro dei compagni, e una spinta di Calvin - Corto alla fine aveva deciso di concedersi, e si erano rivisti in quella topica occasione. Capitava intanto anche che i Merry Men (che nutrono per i cugini dell’Onda un misto strano di competizione e affetto) le avessero posto una domanda ad hoc, proprio negli stessi giorni:
“Ha mai dato un 10 in italiano scritto, professoressa?”.
“Sì, una volta”.
Quella seguente non è una domanda:
“All’Onda”.
“A Calvin” – aveva aggiunto Soldino con aria saputa e sorridente.
“Ma no, ovvio: a Corto!” – aveva anticipato la ‘povna la Pesciolina.
“Sì, a lui” – aveva confermato la ‘povna. Per aggiungere in breve la storia di quel tale racconto.
La domanda successiva è unanimemente prevedibile:
“Ce lo fa leggere”.
La risposta, anch’essa ovvia.
“Prima lo devo chiedere al suo autore”.
Il giorno della consegna dei diplomi era stata l’occasione giusta per ottenere il nulla osta. E Corto aveva finto indifferenza: “Ma sì, contenti loro”.
Contenti, i Merry Men, lo erano stati parecchio. E avevano ascoltato la lettura con le voci mute e gli occhi tondi.
“Io non scriverò mai così, professoressa” – sospirava Piccolo Giovanni.
“Ha fatto proprio bene a darglielo” – rifletteva Cirillo Skizzo.
“Che bravo!” – sorrideva il Panda.
E via parole di genuina ammirazione.
La ‘povna gongolava come un pavone rotante. E la sera stessa – durante una consuetudine di chiacchiera virtuale che stava riprendendo, a poco a poco, la sua forma – lo aveva riferito con apparente noncuranza al giovane ed esistenzialista autore.
Sulle prime, Corto fa finta di niente. La ‘povna non insiste, e passa oltre. Dopo dieci minuti lui cede, e non resiste.
“Che diceva, del mio tema?”.
La ‘povna riferisce, con poche parole scelte. Lui fa (la prima da tempo) una faccia sorridente. E per quel giorno si salutano: arrivederci e buon domani.
E il domani, al rientro da scuola, Corto la aspetta al varco.
“Prof., ho un’ideina da scrivere”.
La ‘povna sorride, a lui e a se stessa: “Ottimo, Corto, fallo”.
Ed è quello che lui fa.
La ‘povna ha passato l’ultima settimana – oltre che a lavorare, organizzare il cineforum, cantare nel coro, partecipare alla politica (e anche svariato altro) – a leggere pezzi di racconto che Corto le mandava a aggiornamento, come un tempo. Nel mezzo, intanto, Corto le parla di nuovi progetti, scrive con lei i temi per i Pesci e anche per gli Anatri (pure questo, come un tempo). Lei lo ascolta, e si diverte. E pensa che l’ha ripreso un po’ per i capelli. Ma poi non pensa più, e si mette solo a leggere. Stranita da quella sua parzialità per la parola giusta, praticamente sempre. Un dono raro.