Per il bene del movimento, quello a tenaglia

Creato il 28 marzo 2012 da Rightrugby
All'inizio dovevano essere Aironi e Pretoriani. Ricordate? Bisognava decidere con quali squadre - o meglio franchigie - presentarsi in Celtic League e così si decise di optare per un ipotetico asse Viadana - Parma e per Roma, anche perché, sostenevano alcuni, bisognava garantire agli avversari che arrivano da lassù un'offerta turistica, mica solo il clima invernale da brughiera della Pianura Padana: vuoi mettere con il clima mite della capitale, avvolta nella sua storica tradizione millenaria? Leit motiv tornato in auge quando gli Aironi faticavano sul campo, non portavano a casa un risultato utile che fosse uno e quindi dalle ceneri dei Pretoriani si levò il lamento, salvo poi constatare che a Roma il rugby era in sprofondo rosso. 

Ma la questione finanziaria era di secondo piano, perché in Fir il piano a tenaglia era pronto: due franchigie di stampo federale sulle quali vantare ben presto il diritto di riscossione e prendere in mano la situazione. Non andò così: una volta appresa la notizia che la Benetton Treviso era stata fatta fuori, giunse la retromarcia e così, alla fine, in Celtic ci andarono gli Aironi e i biancoverdi della Marca, che potevano giocare la doppia carta della stabilità economica e della quota di maggioranza in termini di uomini per la nazionale. A Treviso, inizialmente, rimasero guardinghi, dichiararono "no comment" sulla scelta del consiglio federale di non puntare su di loro per il nuovo capitolo del rugby italiano. Tanto la basi erano pronte per un richiamo in azione che sarebbe giunto da lì a poco tempo. 

In federazione, intanto, il piano a tenaglia (nella foto, la battaglia di El Alamein) è proseguito e oggi è lampante come la prima vittima designata fosse Silvano Melegari, il presidente degli Aironi, colpevole (si fa per dire) di essersi fidato di certe lusinghe giunte guarda caso da Parma, uno dei due punti dell'asse lungo il Po, dove come lo stesso Melegari ha avuto dichiarato ieri "volevano fare le nozze con i fichi secchi e senza cacciare un euro". Nelle scorse settimane, dopo la vittoria sul Munster, Melegari aveva affermato che un progetto in cantiere c'era per il futuro della società, che "quanto è uscito sulla stampa è solo il 10% della verità", ma aveva anche commentato che non era disposto a farsi prendere in giro. E di fatti ha annunciato le proprie dimissioni perché, evidentemente, la fregatura è divenuta talmente lampante che non ammette repliche. Si parla chiaramente di un sostegno economico promesso, mai giunto, mentre gli Aironi si sono fatti carico degli onerosi contratti per avere in squadra italiani rientrati dall'estero (Francia), che potessero proseguire a macinare minuti e partite per una convocazione con la maglia azzurra. 

Tanto che la cosa è fresca, girano voci che non ci sarebbe alcun motivo di stupirsi se sulla panchina dei mantovani giungesse un tecnico francese alla luce degli ultimi accadimenti: sarebbe solo la mossa più recente della cosiddetta manovra a tenaglia.

Numero di stranieri da schierare e posizioni in cui schierarli, occhi puntati sui movimenti in campo per accertarsi che le strette regole vengano rispettate (vedi caso Brendan Williams), evitando di tenere conto della tattica (ma qui si tratta di norme federali, mica di rugby giocato): si scatena così anche la battaglia a colpi di carte bollate con Treviso, con il presidente Amerino Zatta che si incarica di incontrare uno dei sicari della Fir, Carlo Checchinato, per riportare il sereno. Ma lo scontro è in atto dall'inizio: da quando esistono gli Aironi e non perché lo vogliano gli Aironi, quanto piuttosto chi li ha voluti. C'è una fideiussione di mezzo, sempre con Parma: il grosso, insomma, è fatto. 

L'altra faccia della medaglia è che se a questo punto la Fir vorrà intervenire nella piena gestione degli Aironi (altre ipotesi di epilogo sono quantomai ardue da immaginare e non avrebbero alcuna logica sulla base delle puntate precedenti), dovrà fornire spiegazioni valide proprio alla Benetton: oppure i regolamenti diventeranno definitivamente così labili che non varranno alcunché. La federazione sta per sostituirsi ad un privato (scena già vista ovunque, in Italia): nelle intenzioni di partenza, gli obiettivi erano appunto due (Aironi e defunti Pretoriani). 

Intanto, dietro le quinte è nebbia fitta. Il legame tra celtiche e squadre di Eccellenza non è mai esistito per volontà dall'alto. Treviso rappresenta Treviso, non può essere paragonata ad una franchigia perché una franchigia in senso tale prevede un tessuto di rapporti stretti, di collaborazione con il bacino dal quale attingere. Al di là dei permit players, altra occasione per accendere polemiche e prendere decisioni vaghe e di difficile interpretazione. Intanto i risultati di Challenge Cup fanno la tara ogni anno e ogni anno c'è pure chi si sorprende.

E le accademie restano un punto interrogativo. Esempio concreto? Tutte le volte che gioca l'Italia, i commentatori si chiedono come mai non ci sia un'apertura in giro. Ecco, come mai? Che poi la coperta è corta e non solo in mediana, ma dato che il numero 10 attira così tante attenzioni, ribadiamo: com'è che c'è il vanto delle accademie e in anni e anni di progettazione non è saltata fuori un'apertura? 

Polemica sterile, il talento salta fuori mettendolo a confronto con i livelli d'eccellenza, quelli seri. Schierandoli in campo come fanno in Keltia, tipo il Galles, che sforna due ali ventenni sulle quali i ricchi club francesi hanno messo gli occhi. 
Un anno fa, pubblicammo l'opinione del funambolico Austin Healey sulle accademie. Era tempo di Junior Rugby World Cup e l'ormai ex ct dell'Under 20 Andrea Cavinato ci contattò per complimentarsi del post. Il cui titolo era "Le accademie? Dei parassiti". 

Ma è tutto per il bene del movimento. Quello a tenaglia. 



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