Non mi spiego come tutti i manualetti e manualoni italiani si imbroglino quando si tratta di dire come si devono concimare, in maniera biologica, le piante acidofile. Girano attorno all’argomento, cambiano paragrafetto, mettono un “tip” e poi scappano. Ma come, perfino un novizio sa che per inacidire il terreno, oltre al succo di limone, l’aceto, il vino, ci sono il tè, il caffè e il tannino in generale.
Basta concimare normalmente, col compost, il letame, le farine di roccia, o quello che è necessario, e se non volete usare la torba (e vi do ben ragione), o i tradizionali acidificanti a base di solfato ferroso, annaffiare con frequenza con tè leggero, caffè e vino molto diluiti, mettere un cucchiaio di aceto nell’acqua delle annaffiature o un mezzo limone spremuto.
Si può benissimo pacciamare tutt’intorno con aghi di pino, che rilasciano tannino e fungono anche da filtro, inacidendo il terreno.
Questo stratagemma vale più o meno per tutti i vasi, i giardini e gli orti. In situazioni estreme di terreno enormemente calcareo, un paio di litri di tè non faranno magicamente diventare acido il terreno, tanto da piantarci azalee.
Un’altra cosa che tende ad inacidire il terreno è lo sfarinato di lupini, che costa un botto, specie se dovete usarlo a piene mani.
Non pensate di farlo in casa: i lupini in salamoia sono salati, per l’appunto, e danneggerebbero le colture.
Ovviamente, se eseguite questa operazione con piante strettamente acidofile, oltre al principale segnale di buona salute (foglie verdi e grandi, regressione di eventuale clorosi), misurate con una cartina tornasole l’acidità del terreno. La trovate facilmente nei negozi di acquari.
RED Edizioni e Vallardi, ora ve lo potete anche copiare.
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