Per insegnare bisogna essere preparati, molto – con una serie di conoscenze e curiosità accettabili, possibilmente, non solo nella propria materia (perché – al di là della paccottiglia pseudo-pedagogica – condizione necessaria, anche se di per sé non sufficiente, per trasmettere sapere e conoscenza è quella di averli digeriti, a propria volta, molto bene).
Per insegnare bisogna conoscere bene il mondo, chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo: la nostra e la altrui storia.
Per insegnare (dunque) bisogna amare leggere, guardarsi intorno, ascoltare e raccontare.
Per insegnare bisogna essere cittadini attivi e consapevoli, perché è proprio nell’educazione civica, per tutti, che si sostanzia il verbo “educare”.
Per insegnare bisogna essere curiosi degli alunni – e dunque di bambini, adolescenti e giovani – perché non c’è scuola senza studenti, e il compito di chi insegna è quello di aiutare a crescere – in nome e per conto della società – il cucciolo d’uomo.
Per insegnare (dunque) bisogna essere, più generalmente, curiosi di tutta quanta la commedia umana.
Per insegnare bisogna essere consapevoli che insegnanti si nasce, e bravi si diventa, perché non è che – visto che dio, la natura, l’evoluzione, Darwin ci hanno dato la parola e la bocca – chiunque possa impunemente salire in cattedra, aprire la medesima, e parlare.
Per insegnare bisogna avere, tutti, una conoscenza e una pratica molto buona, se non ottima, della lingua italiana.
Per insegnare bisogna essere insieme di sguardo lungo e occhi autorevoli (perché il rispetto non si ottiene con la voce alta, e per farsi ascoltare non è necessario urlare).
Per insegnare bisogna mandare ogni tanto a fare in culo i decaloghi, e sapere che, ora dopo ora, entrando in aula, dovrai esserti preparato con puntiglio, e poi buttare tutto all’aria, e improvvisare.
Per insegnare bisogna sapere che si è tali anche (e in molti casi soprattutto) fuori dalla classe e che questo mestiere, banalmente, molto spesso non ha orari.
A insegnare (dunque) non bisogna arrivarci per caso o per stanchezza; altrimenti, accomodarsi, grazie – e lasciare il posto alla lunga fila di bravi aspiranti che vorrebbero anche solo cominciare.
Per insegnare, infine, bisogna essere consapevoli che tutte queste caratteristiche, insindacabili, non riusciremo mai a applicarle tutte nella stessa classe, luogo, tempo – e mai contemporaneamente. Eppure continuare, faticosamente, a maggioranza, a tendere verso quell’ideale.
Questo post prende spunto dalla cronaca spicciola vissuta dalla ‘povna; e da una serie di interventi che ha letto in giro in vari luoghi e tempi, e più in particolare da un paio di riflessioni dello Scorfano pubblicate proprio in questi giorni. Alla ‘povna piacerebbe che chi ne ha voglia aggiungesse la sua voce all’elenco, segnalando il proprio intervento (nuovo, vecchio) nei commenti – in una sorta di piccolo prontuario, pratico, di insegnamento. Vorrebbe anche chiedere, se possibile, un parere a tutti i suoi blog-amici che non sono insegnanti, perché (lo ripete ancora una volta) – come ricorda molto bene la perturbante leggenda del Pied Piper – senza bambini (e dunque) alunni, non si dà relazione sociale stabile nel tempo. Né, tanto meno, scuola.