Trattandosi di un mercato in continua espansione, seppur illegale, quello degli stupefacenti porta numerose bande extra-comunitarie ad installarsi in UE, a partire soprattutto dai Paesi sud-americani. Il fine è quello di massimizzare i profitti in tempi rapidi, operando verso i mercati internazionali dello spaccio. Il rapporto dell’Europol sottolinea anche come il vecchio continente si renda spesso meta ambita da chi vuole delinquere confondendosi tra la gente comune, essendo quasi certo di sfuggire ad ogni possibile identificazione. Paolo Sartori, che dirige la sezione operativa della Criminalpol per l’Europa orientale e sud orientale, ha recentemente sottolineato l’importanza del fenomeno mafioso in quest’ambito. “Le organizzazioni mafiose italiane sono tutte presenti” ha sostenuto durante il programma radio Passaggio a Sud-Est. “In particolar modo sono presenti i clan della camorra e le organizzazioni criminali siciliane, Cosa nostra e La ‘ndrangheta nello specifico (…) Per il resto vi sono organizzazioni criminali originarie del sud est dell’Europa che ormai hanno esteso il loro raggio d’azione a livello internazionale e anche il territorio italiano non ne è esente”. Tuttavia queste ultime non possono essere assimilate alla mafia italiana, ha precisato ulteriormente Sartori. In effetti, non esercitano sul territorio un controllo stringente come quello delle mafie nostrane e presentano una struttura che meglio si adatta a spostarsi sui mercati internazionali, perché più leggera.
Lo studio dell’Europol si conclude con un’interessante dato: “L’Africa occidentale, settentrionale e orientale sembra stia divenendo assai attrattiva per quanto riguarda la produzione di sostanze, grazie al miglioramento delle reti di trasporto con i mercati europei, nuove opportunità e lavoro a buon mercato”. Uno scenario nuovo, anche se prevedibile, che lascia intravedere un nuovo periodo di lotta al traffico di stupefacenti su ampia scala, in un tempo in cui, nonostante la crisi economica, le vie della droga non cessano di moltiplicarsi.
Silvia Dal Maso
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