Scelta infelice fossi stata un architetto, ma approfittando del fatto che non lo sono, ho scelto di tappezzare questi due armadi delle parole che avrei preferito leggere e rileggere, passando. Versi, stralci di canzoni, poesie intere. Font e grandezze diverse, incroci di lettere, frasi in perperndicolare. Liberi versi in libero armadio.
Trascorsi tutti questi anni, l'armadio resiste, ma la superficie di carta e poesia ne risente, ci sono grassi di gatti, impronte di dita sporche, sfumature grigiastre ai lati e qualche bolla di umidtà lassù verso il soffitto.
Come tutte le cose, il suo aspetto sta camabindo e come tutte le cose il modo in cui le vedi, cambia.
Alcune canzoni non le ricordo più, altri versi non mi rappresentano assolutamente più, addirittura alcuni tipi di carattere li trovo quasi fastidiosi alla vista.
Ma c'è un punto, a metà a armadio, ad altezza dei miei occhi, dove arriva la luce della finestra dalle nove alle undici di mattina, che ad ogni mio passaggio in corridoio mi rinfranca.
Approvo quel passaggio, mi ci ritrovo, conosco ogni a capo alla perfezione, ogni increspatura della carta, ogni refuso nella battitura di allora, quella enne che è stata dimenticata chissàdove che fa quasi da marchio al mio essere. Poesie con refusi, potrebbe essere il mio epitaffio.
In un campo
sono l'assenza del campo.
E' sempre così
dovunque io sia,
sono ciò che manca.
Quando mi muovo
fendo l'aria
e sempre l'aria
rifluisce a riempire
lo spazio in cui
si trovava il mio corpo.
Tutti abbiamo un motivo per muoverci.
io mi muovo per preservare
la compiutezza delle cose.
(Mark Strand)