per Rossella e per tutti i sequestrati italiani

Da Pentapata

il blog della famiglia Urrunon volevo partecipare, lo dico tranquillamente, mi sento un po' pecora nell'andare dietro ad un sentimento di popolo nato dall'appello di una comica ad un obsoleto programma canoro televisivo.Spero che la sovraesposizione mediatica non irrigidisca la posizione dei sequestratori in termini economici, tutti ti vogliono libera ergo possiamo chiedere più soldi.se non ci fosse stata questa campagna per dare visibilità al rapimento Urru forse non avrei avuto lo spunto per andarmi a informaresu quanti e chi siano i sequestrati italiani nel mondo. Guardate un po qui:Rossella Urru, 29 anniGeppi Cucciari ha urlato il suo nome sul palco dell’Ariston a Sanremo e da allora tutti (o quasi) sanno chi è Rossella Urru, 29 anni, origini sarde, al lavoro come cooperante del Cisp in Algeria. È stata sequestrata con altri due colleghi (Enric Gonyalons e Ainhoa Fernandez) la notte tra sabato 22 e domenica 23 ottobre 2011 dal campo profughi di Hassi Raduni, nel deserto algerino sud occidentale, dove i rifugiati Saharawi trovano cibo, acqua, cure, un popolo che da oltre 30 anni vive lì, protetto e in esilio, vittima di una tragedia. Rossella, originaria della Sardegna, si è laureata in Cooperazione internazionale a Ravenna, da due anni lavorava in Algeria al progetto umanitario per il Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli.Per un mese e mezzo della sua scomparsa non si è parlato. L’Unità di crisi del ministero degli Esteri già dalla notte del suo rapimento aveva invitato tutti a mantenere il massimo riserbo sul caso, per non creare problemi nelle operazioni di liberazione. A dicembre un video diffuso da un giornalista dell’Afp testimoniava che i tre ostaggi erano ancora in vita, nelle mani del movimento unito per la Jihad nell’Africa occidentale. Dopo, nuovamente il silenzio.I genitori hanno aperto un blog dove in tanti hanno iniziato a inviare messaggi. Ci sono molti amici incontrati tra una partenza e l’altra, leggendo le loro lettere emergono pezzi di vita vissuta da una donna ancora nemmeno trentenne ma con le idee molto chiare sulla sua vita.Maria Sandra MarianiMaria Sandra Mariani è stata rapita più di un anno fa, il 2 febbraio, un mercoledì sera: si trovava insieme al suo gruppo a 250 chilometri a sud di Djanet. Si era allontanata, scortata da due responsabili del tour per comprare del cibo, quando si è trovata di fronte degli uomini armati. Maria Sandra è una profonda conoscitrice del deserto algerino, nei suoi 53 anni di vita ha trascorso da quelle parti molto tempo ma non c’è stato molto da fare, quella è una zona difficile non lontana dal Mali, una roccaforte di Al Qaeda nel Maghreb.In questo lunghissimo anno di attesa per la sua famiglia a San Casciano in Val di Pesa, in provincia di Firenze, i rapitori hanno diffuso due video. Nessuno lo sa con certezza ma Maria Sandra Mariani dovrebbe essere prigioniera in un Paese del Sahel, riferiscono fonti del governo del Mali.Franco LamolinaraFranco Lamolinara è originario di Gattinara, un paese di ottomila abitanti in provincia di Vercelli. Ha 47 anni ed è stato rapito il 12 maggio, un giovedì sera, nel nord-ovest della Nigeria, vicino al confine col Niger. Da nove mesi a Gattinara attendono notizie la moglie Anna che lavora all’Accademia dello sport, i figli e il fratello Bruno. Lamolinara è un tecnico, si trovava in Nigeria da circa dieci anni, lavorava per la società di costruzioni «Stabilini Visinoni Limited» ed era impegnato nella costruzione di un edificio della Banca centrale a Birnin Kebbi, capitale dello Stato di Kebbi. È stato rapito insieme a un ingegnere britannico che lavorava per la stessa società. I rapitori hanno fatto irruzione nell’appartamento dove vivevano Lamolinara e il suo collega e li hanno sequestrati senza prelevare un’importante somma di denaro in contanti che si trovava nell’edificio.Giovanni Lo PortoL’ultimo in ordine di tempo finito nelle mani dei sequestratori e ancora non liberato, si chiama Giovanni Lo Porto, 38 anni, di Palermo. È stato rapito insieme ad un collega tedesco a Multan nella parte pakistana del Punjab, facendo entrare per la prima volta il Pakistan nella lista dei Paesi pericolosi per i sequestri. Si è laureato alla London Metropolitan University e alla Thames Valley University. Ha lavorato come «project manager» con il Gruppo Volontario Civile, con Cesvi Fondazione Onslus, Coopi-Cooperazione Internazionale. Quindi è passato a collaborare con l’Ong tedesca «Welthehungerhilfe» (Aiuto alla fame nel mondo) creata nel 1962 sotto la protezione e il sostegno della Fao. Era arrivato in Pakistan nell’ottobre scorso per partecipare alla costruzione di alloggi di emergenza nel sud del Punjab.I sei a bordo della motonaveGolfo dell’Oman, 27 dicembre 2011. Il mercantile Enrico Ievoli è in attesa di inserirsi in un convoglio scortato da navi militari di altri Paesi. A bordo del «tanker» ci sono 18 membri dell’equipaggio, sei dei quali italiani, cinque ucraini e sette indiani. Partita dagli Emirati Arabi, è diretta verso il Mediterraneo, ma per giungervi deve incrociare un tratto di mare infestato da bucanieri somali. Non è stata chiesto l’imbarco dei Nuclei militari di protezione, le scorte armate che la Difesa mette a disposizione dei mercantili italiani. La società armatrice, la napoletana Marnavi, non ha fatto richiesta perché il bastimento è appunto inserito in un programma di scorta navale. I pirati, forse avvertiti, approfittano della momentanea scopertura e con il consueto «skiff», il barchino armato di Kalashnikov e Rpg, si scagliano all’arrembaggio prendendone il controllo. L’allarme viene dato alcune ore dopo. Il mercantile viene portato alla fonda davanti alla costa della Somalia. Immediato scatta l’allarme in Italia. Nelle operazioni antipirateria il nostro Paese opera nell’ambito di due iniziative multilaterali, la «Ocean Shield» della Nato di cui Roma ha diretto le operazioni sino al dicembre scorso, e la «Atalanta» sotto egida Ue. Come da prassi vengono presi contatti in Somalia: il Paese è uno dei più complicati dove operare, ma il governo transitorio considera i pirati una piaga per la rinascita interna. «Faremo tutto il possibile per far tornare i sequestrati alle loro famiglie», avverte il ministro degli Esteri, Abdiweli Mohamed Ali. «Parliamo con tutti gli interlocutori che ci possono aiutare», assicura Terzi. Ma la tradizionale prudenza della Farnesina crea preoccupazione specie dopo i fatti della «Enrica Lexie». «Il nostro riserbo - ribadisce il ministro - non è distrazione, neanche per un millesimo».
fonte : La Stampa

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