Per scrivere bisogna far morire le cose

Da Flavialtomonte

Edmond Jabés, poeta francese la cui attività letteraria va dal 1930 circa al 1991 (seguono opere postuma), scrisse «Et si le livre n’était que mémoire infini d’un mot manquant?» ovvero «E se il libro fosse solo memoria infinita di una parola che manca?».

Riporto questa frase che ho trovato tra le mie letture pomeridiane, per introdurre un discorso non solo di scrittura ma anche di modernità.
Nessuno ha la chiave giusta per spalancare tutte le porte che vorremmo tanto oltrepassare, se così fosse sarebbero inutili le occasioni, i talenti, le potenzialità e i sogni stessi in quanto obiettivi di vita. Oggi si usano sempre più spesso aggettivi per identificare gli interessi collettivi, come la Creatività di cui parla la docente universitaria e scrittrice Annamaria Testa, o quando, al contrario, si parla di Produttività. In Italia – poiché credo fortemente che il dizionario italiano sia il più ricco rispetto a quello di altre lingue, e almeno questo vanto, permettetecelo! – si parla “per appellativi”, forse per rivendicare il fastidioso sostantivo di “potenziale” novecentesco che valutava l’individuo per le sue capacità settoriali e non per il talento. Oggi si preferiscono termini più complimentosi e la creatività sta al primo posto della lista. 

La verità è che, più passano gli anni, più ci stanchiamo delle parole. Ne aggiungiamo alcune e ne omettiamo altre, svestendole del senso, dibattendone il significato, per poi abbandonarle nel dimenticatoio. Siamo bravi in questo, noi Italiani, siamo bravi con le parole, e delle volte anche fin troppo. È la ragione per cui produciamo continuamente libri, pensieri, manuali, schemi, cultura insomma. Bisogna riconoscercelo: partoriamo culture. Ma se solo ci staccassimo di più dal mondo estero, dai format americani, dalle ideologie francesi, dalle istituzioni spagnole, se continuassimo a occuparci dei nostri bisogni forse saremo capaci di rivestire ogni città di complimenti.

In ogni crepa di muro un’aggettivo,
per ogni Chiesa una poesia,
a ogni giardino pubblico un fiore,
in ogni bacio una canzone,
per ogni passo una nota musicale, 
e ad ogni libro quella parola infinita che manca.

Per scrivere c’è bisogno di far morire le cose“, ecco, forse in questa frase non mia, c’è dentro tutto il discorso che avrei dovuto fare sulla scrittura che poi si è trasformato in cultura, parole e poesia.