Questo – un aggressivo fanatismo – è ciò che risulta dalla combinazione di dogmatismo ed egocentrismo. Fortunatamente ci sono artisti marziali che non hanno alcuna vocazione per questa mentalità da guerra santa. Individui che non hanno intenzione di ridurre l’ampiezza delle proprie visioni a uno scontro fra bande rivali.
L’amore per l’arte che praticano non impedisce loro di vedere la bellezza di altri stili. Le diverse arti marziali corrispondono ad altrettante vie per raggiungere la vetta della montagna. Fermarsi lungo la via per speculare su quale percorso sia migliore non fa che distoglierci dalla destinazione. Racconteremo più avanti come Bruce Lee si sia allontanato dal dogmatismo di tante scuole tradizionali e abbia creato uno stile al di là degli stili. Un monaco buddista ha detto una volta: «Se incontri il Budda, uccidilo». Voleva dire che non è seguendo Budda che si diventa Budda. In questo senso il sincretismo visionario e anarchico di Bruce Lee non è antitetico agli stili tradizionali proprio come lo Zen non è antitetico al Buddismo. La filosofia zen e Bruce Lee hanno dato una scossa alla tradizione quando essa aveva perso il suo spirito ed era diventata dogmatica. Sintesi e tradizione sono le due opposte facce del Tao che si bilanciano l’una con l’altra.
Per quanto ami le arti marziali, alcune domande continuano a girarmi nel cervello.
Perché combattiamo? Cosa cerchiamo nelle arti marziali? Per che cosa ci stiamo allenando?
Quale richiamo primordiale ci spinge a sottoporre i nostri corpi a centinaia di ore di pratica?
L’allenamento marziale è senza dubbio divertente e stimolante, ma sono soltanto un po’ di stimoli e divertimento che vogliamo?
Nella maggior parte dei casi, temo di sì. Per molti l’obiettivo è imparare a difendersi per sconfiggere la paura e per coltivare ogni giorno uno spirito forte. Altri vogliono un hobby che li distragga dalla monotonia della loro esistenza. Scolpire un corpo che sia un tempio dedicato alla forza e alla salute è la meta di alcuni. Altri sono rapiti dalla bellezza estetica, e desiderano creare poesie con i movimenti del proprio corpo. Per altri ancora, si tratta di un percorso di scoperta interiore: imparare a vivere rilassati e oltre il conflitto.
Non vorrei sembrare arrogante, ma penso che questi siano poco più che effetti collaterali – prerequisiti prima che il gioco cominci davvero. C’è qualcosa di legittimo ed essenziale in queste scelte. Plasmare il proprio carattere così da diventare persone più amabili nella vita di tutti i giorni è già più di quanto la maggior parte della gente faccia. Non avrei scritto gli altri capitoli di questo libro se non avessi rispetto per chi si avvicina alle arti marziali con queste intenzioni. Ma la mia sensazione è che ci sia in gioco qualcosa di ancora più grande. Idealismo? Forse.
Ma perché dovremmo accontentarci delle briciole quando possiamo avere l’intera torta?
[Tratto da " Per un cuore da guerriero" del prof. Daniele Bolelli, per gentile concessione dell'autore]
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