26 gennaio 2012 Lascia un commento
Non so che farci e non mi sento certo in difetto per questo eppure mi dispiace perche’ so di lasciare per strada del gran cinema.
Certo, non sono neppure completamente a digiuno e se devo dirmi affezionato a qualcosa, mi rivolgo al western italiano, con Leone in testa.
Non e’ per campanilismo s’intende, anzi fosse per questo sarei doppiamente severo ma mi piace il nostro approccio all’argomento, il riprodurre non un genere ma la sua epica, il western masticato e poi sputato per come la magia del cinema e non i libri di storia, lo hanno raccontato.
Il western italiano nasce nelle sale buie del cinema, trae linfa vitale dall’arrogante ragazzino in noi che vorrebbe sparare a destra e a manca, si nutre dell’adrenalina dei duelli e schiva le pallottole sparate da diligenze in corsa ecco quindi il suo successo nel mondo Stati Uniti inclusi, che un western cosi’ non potevano farlo e tantomeno concepirlo perche’ loro lo hanno vissuto, noi solo immaginato.
Del resto quando un impassibile Clint Eastwood ordina al becchino "prepara tre casse" con la stessa devastante potenza di un "Babe" Ruth che chiama l’home run, il cuore vincente a stelle e strisce e’ gia’ conquistato.
Leone pero’ fu il piu’ grande perche’ in egual misura fu bravo e fortunato.
Bravo a ridefinire un genere e a farlo in un momento di stanca e declino, bravo a mettere in pratica il mestiere acquisito con esperienza direi genealogica, bravo nel sapersi circondare di collaboratori straordinari e pensiamo a Tessari, Barboni, Corbucci tra gli altri.
Fortunato perche’ una serie di eventi fortuiti condussero alla realizzazione prima e al successo del film poi, fortunato perche’ incappo’ in calibri da 90 come Eastwood, Volonte’ e e Morricone con giri strani dettati piu’ per motivi economici che artistici eppure funzionarono perfettamente, fortunato perche i giusti conoscenti’ capitarono al cinema giusto nella giusta proiezione che gli consigliarono di andare a vedere e il resto e’ storia.
Ebbene quel film si trattava de "La sfida del samurai", come gia’ scritto, talmente ben strutturato e confezionato da diventare in un lampo "Per un pugno di dollari".
Si perche’ le similitudini sono per forza di cose enormi e smentiscono gli sforzi di Leone di minimizzare l’impatto di Kurosawa sul suo lavoro, sforzo vano se si confrontano le due opere nel ritmo e nell’aria che si respira attorno, non nei particolari ovviamente.
Per il resto non manca nulla, la storia e’ gia’ storia e nella forza della sua origine, un nuovo merito tutto da scoprire.