Pubblicato da
Antonella Albano
Sono tutti matti. Nel senso buono, per carità! Fossimo tutti matti come loro! Charmant, intelligentissimi, tanto da lasciare sempre a bocca aperta i comuni mortali, e anticonvenzionali a tal punto da suscitare quel friccicorino sexy che ti fa pensare "Bello vederli sullo schermo, ma guai ad averli in casa". Stiamo parlando dei protagonisti di Perception ed Elementary e gli investigatori delle due nuove serie di quest'anno hanno decisamente problemi seri.
Perception è una serie televisiva statunitense creata da Kenneth Biller e Mike Sussman, trasmessa in prima visione assoluta sul canale televisivo TNT a partire dal 9 luglio 2012. Eric McCormack interpreta Daniel Pierce, un neuroscienziato che nasconde un piccolo segreto: soffre di schizofrenia paranoide, sì, proprio quella del protagonista di A Beautiful Mind. Certo è una follia razionalmente gestita, forse perché Pierce è un medico, ma sempre l'affascinante dottore è costretto a chiedersi se le persone che gli stanno parlando siano reali o frutto della sua paranoia. Ovviamente questo problema diventa più che altro una risorsa quando Daniel viene reclutato da una sua ex allieva, Kate Moretti, per lavorare come consulente all'FBI. Intuito, professionalità, ma soprattutto il surplus dei suggerimenti dei suoi amici immaginari, che altro non sono che manifestazioni del suo inconscio, lo aiutano a venire a capo dei casi più difficili. Insomma la debolezza del dottor Pierce è anche la sua vera forza.
Elementary – in onda sulla CBS dal 27 settembre 2012 negli Stati Uniti, in Italia approda dal 13 gennaio 2013 su Rai 2 – parte da presupposti molto simili, solo che attinge a un serbatoio ricchissimo, cioè le incarnazioni di Sherlock Holmes. La rivisitazione qui è radicale, in qualche modo: tutto è rivisto e corretto in chiave contemporanea, così Watson è una donna, l'orientale Lucy Liu, e il nostro esperto dell'arte deduttiva è un drogato in riabilitazione, che ha bisogno praticamente della balia per non ricadere nella tentazione di obnubilare i sensi e nascondersi dall'attività ossessiva del suo cervello perennemente sovreccitato. Jonny Lee Miller non è nuovo a queste parti di pazzo esaltato, avendo interpretato un avvocato perseguitato da allucinazioni indotte da un aneurisma cerebrale in Eli Stone, serie televisiva statunitense acclamata dalla critica.
Quello che non si può non notare è il fatto, appunto, che la mania, l'ossessione, la patologia, la follia insomma diventano non un dimidiamento delle capacità intellettive e deduttive, ma un potenziamento. Daniel Pierce e Sherlock Holmes qui sono degli asociali, che hanno bisogno di qualcuno che li osservi a vista e che li riporti alla realtà. La loro saggezza consiste nel fatto di ammetterlo e di consentire che l'assistente Lewicki, in Perception, disciplini rigorosamente la giornata del dottor Pierce e che Joan Watson monitori continuamente il tempo di Holmes, tanto che i due non possono perdersi di vista per un tempo che superi le due ore. Entrambi usano la razionalità scientifica, notano particolari e li collegano applicando inferenze inusitate, con il cosiddetto pensiero laterale, a cui noi, gente normale, non approderemmo.
Razionalità, scienza, deduzione. Sul serio? Diciamoci la verità: non è la parte razionale di questi geni sregolati che risulta efficace, quanto la parte irrazionale, quella patologica, quella che attinge a uno squilibrio dell'inconscio. Sinceramente tutto ciò mi ricorda i poeti Simbolisti, che nella loro ostentata decadenza rivendicavano la preminenza dell'irrazionale contro le pretese scientiste dei Positivisti, così pomposamente sicuri che la Scienza avrebbe risolto tutti i problemi. Anche noi, forse, cominciamo a dubitare di questo assunto?
All'irruzione del mistero e del soprannaturale di serie come Medium, Ghost Whisperer et similia, a mio parere, si è avvicendata questa nuova tendenza, che non vede il mistero nella realtà, ma nelle spire sempre inquietanti dell'inconscio, nelle potenzialità inesplorate del nostro cervello.
Di certo c'è anche la solita preoccupazione egualitaria degli Americani della serie "disadattato è bello", che vuole sottolineare la ricchezza della diversità. Il tutto non fa una piega. Inoltre questa generazione di investigatori dell'ultima tornata di serie è stata ben annunciata da quelle precedenti.
L'anticonformismo e le capacità intuitive di Patrick Jane di The Mentalist sono l'anticamera a quelle di Daniel e Sherlock. In Bones le parti sono invertite e se Booth è quello normale, la scienziata Temperance Brennan è colei che spiazza continuamente gli spettatori per i suoi comportamenti fuori dagli schemi. Perché? House dove lo mettiamo? Sociopatico e geniale?
Anche le loro partner, come abbiamo visto quasi sempre donne, sono chiamate a fornire un supporto che è accettazione, sopportazione, accoglimento amorevole e comprensivo, un po' sul limite dell'assistenza sociale. Accanto a un certo numero di serie in cui le donne sono state e sono protagoniste (Buffy, Alias, Nikita, ma anche Closer, Rizzoli & Isles, ecc.), ora alla figura femminile tocca nuovamente il ruolo di spalla, che deve supportare, valorizzare e, in fondo in fondo, amare. Qualcuno vuole lanciarci un messaggio? Non sarà che l'uomo, accantonati i Rambo, I Rocky e i Terminator, diventa accettabile solo quando si decide ad ammettere la sua debolezza? Perché in essa sta nascosta la sua vera forza?
Alla fine noi, spiazzati e intrigati da queste figure tutte genio e sregolatezza, rimaniamo nel dubbio: è meglio essere disadattati e così capaci di afferrare le minimali sfumature del mistero della realtà o normalissimi e banali? Oppure il messaggio è un altro: cos'è la normalità, se non un sonno colpevole del nostro cervello? Usare le nostre risorse è un rischio?
Meditate, gente, meditate....