Perchè amo l’India

Creato il 29 novembre 2015 da Cristina

Randagia nel mondo

“Esistono cento porte per entrare in India, ma nemmeno una per uscirne”

Udaipur

Sono stata in India per due volte nel giro di 4 mesi. Il colpo di fulmine, ad agosto, e l’impellente bisogno di ritornare, a Natale.

Ho spesso cercato di analizzare le cause di questa scelta impulsiva, ed ho raccolto le mie riflessioni in queste poche righe.

L’India è il paradiso per i viaggiatori single come me, perché i prezzi sono davvero irrisori, ma anche perché non ci si sente mai soli.

Una specie di enorme ospedale psichiatrico, che ammette chiunque, senza nemmeno un colloquio preliminare, e chiunque cerca amorevolmente di curare.

Come nella Divina Commedia, ecco che ci si presentano davanti i differenti gironi, gli irresponsabili, i tossici, i fuggitivi, i disperati, i dispersi, i depressi, i delusi, i disincantati, e via discorrendo…

E’ come se Dante avesse ambientato il Purgatorio in India, in una versione più freak e fumata.

L’aspetto positivo: sembra che il tema costante del viaggio sia “che tipo di vita sto cercando?” “è questa la vita che davvero voglio?”. Si incontrano così tanti stranieri alla ricerca di se stessi che, anche se ci si reputa individui in pace col mondo, viene naturale farsi queste domande, ed ovviamente cercare delle risposte.

Viaggiare in India obbliga a pensare.

E’ vero che si vedono cose tremende, estrema povertà, malattie, sporcizia, soprattutto chi, come me, non ha l’abitudine di filtrare la realtà attraverso i vetri azzurrati di un pulman di lusso. Però è come se tutto questo, dopo un po’, ti scivolasse addosso, lasciando solo gli aspetti positivi.

Mi sento profondamente convinta nell’affermare che la cosa migliore che ho visto in India siano gli Indiani, con la loro bellezza esteriore, quella interiore, i loro occhi, i loro sorrisi, la loro eleganza.

Qui ho realizzato che una donna può essere sexy anche se completamente coperta. Non avevo mai visto signore così femminili e seducenti sino al momento in cui non me ne è apparsa davanti una fasciata in un sari svolazzante. Ovviamente avrei subito voluto comprarne uno, ma effettivamente sono molto complicati da indossare, e soprattutto è problematico andarci in bagno, considerando le toilettes alla turca e i loro pavimenti spesso non sono molto puliti. Ho optato quindi per il più semplice shalwar cameez, il più comune indumento femminile nel nord dell’India, mentre nel resto del paese, a quanto mi hanno detto, esso è indossato comunemente dalle ragazze, mentre le donne sposate si avvolgono nei loro coloratissimi sari.

Un aspetto che mi ha sempre deluso, viaggiando, è la mancanza di diversità, l’osservare che ovunque ormai la gente si veste allo stesso modo, beve e mangia le stesse cose. Questo ovviamente non in India. Qui la mia fame di diverso è stata totalmente appagata.

Stavo parlando prima di quanto attraenti appaiano gli indiani, ma questo è nulla in confronto alla loro attitudine verso la vita e gli altri esseri umani. Intendo empatia, compassione, curiosità, humour, spiritualità. Ciò che mi ha sorpreso molto è che la maggior parte di essi non è per niente timida. Piace mostrarsi in foto, e piace fotografare gli stranieri. Questo ovviamente è fantastico, perché il problema di come avvicinare una fotogenicissima persona nel suo fotogenicissimo vestito non esiste, diventa semplicemente uno scambio.

Altra buonissima ragione per apprezzare l’India è il cibo, gustoso, sano, economico.

Se soltanto si hanno poche rupie in tasca si può star certi che non si soffrirà la fame. Gli autobus lungo i loro tragitti effettuano frequenti pause per permettere ai passeggeri di mangiare nei mercati o nei dhaba, le trattorie “da camionista”, sui treni i venditori sfilano in continuazione lungo i corridoi proponendo qualunque sostanza commestibile uno stomaco possa desiderare. La cosa che più trattiene i turisti è la paura di beccarsi qualche intossicazione dovuta alla scarsità di igiene. Non so se sono stata fortunata, ma posso vantarmi di essere una delle poche persone che è rientrata dall’India più pesante di quando ci fosse arrivata

Ed ora la parte negativa, quello che ho davvero odiato. Le paurose o non esistenti condizioni igieniche in cui molta gente è obbligata a vivere, l’aspetto terribile di alcuni ospedali, la mancanza di acqua potabile. E’ triste vedere in giro così tanti mendicanti affetti da poliomielite, e pensare che sarebbe bastata una puntura per dar loro l’immunità. Non è degno del genere umano, in un paese che ha speso milioni di dollari in guerre coi paesi confinanti.

Questo viaggio è come se fosse stato uno spartiacque. Da allora, ho iniziato a rendermi conto dell’immensa fortuna che ho avuto a nascere qui. Spesso osservo l’asfalto delle strade, mi sembra così pulito che mi vien voglia di togliere le scarpe, e camminare a piedi nudi. Mi è già successo diverse volte di sognare di essere in India, forse allora è vero che, una volta entrati, non esistono porte per uscirne.

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