E da qui parte anche una riflessione più ampia. Questa settimana sono in Ungheria e mi rendo conto della confusione linguistica in cui mi trovo e quanto questa situazione arricchisce la mia vita e la mia persona. Trovo una gioia naturale nel viaggiare tra i miei tre paesi e sentire parlare una lingua diversa in tutti e tre. E' una vera gioia sentire parlare in italiano ovunque intorno a me in Italia, e trovo la stessa gioia nel sentire parlare ungherese ovunque intorno a me in Ungheria. Per altri la lingua è solo un mezzo, per me è anche un'emozione, un életérzés...
In un mio mondo ideale riuscirei a parlare in un misto di italiano-ungherese-inglese(-svedese?), in cui potrei usare la prima parola che mi viene in mente e non dovrei tradurre espressioni uniche ed intraducibili, e tutti mi capirebbero. Ma questo mondo ideale non esiste, e io devo interagire con le persone in una lingua sola alla volta. Non si tratta più di identità (come raccontato in questo post tempo fa), ma di auto-espressione e di naturalezza. Nel senso che non mi sento più completamente me stessa in nessuna di queste lingue.
Creato con Wordle
Poi mi viene in mente la storia dell'esperanto e del tentativo (fallito) di creare una lingua unica per tutti gli abitanti del pianeta. Un'iniziativa nobile. Ma come si fa a mettere insieme tutte queste lingue incredibilmente ricche che si parlano sulla terra? Qualsiasi lingua artificiale non può che essere riduttiva. Al corso SFI ho sentito dire a un americano che da anni studia lo svedese quanto sarebbe bello se tutti parlassero la stessa lingua su questa terra. L'inglese o qualsiasi sia, basta che sia una sola, così ci capiremmo tutti. Un sogno comprensibile ma per me inimmaginabile. Voi riuscite ad immaginarlo? Che tutti parliamo la stessa lingua? Io non solo non riesco ad immaginarlo, ma non lo vorrei mai! Che impoverimento che sarebbe per l'umanità! Potersi e doversi esprimere in una lingua sola... Nessuna lingua è perfetta. Nessuna può esprimere perfettamente ogni pensiero. Le parole in generale non sono capace di ridare la complessità della realtà, indipendentemente dall'esistenza di migliaia di lingue, ma questa è già un'altra storia...
Chiudo con due aforismi in tema e un quadro di un pittore ungherese della mia città (dove mi trovo in questi giorni).
"I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo." (Ludwig Wittgenstein)
"Solo la musica è un linguaggio universale che non ha bisogno di essere tradotta, ed è per questo che parla all'anima." (Berthold Auerbach)
József Rippl-Rónai, Nel giardino di Villa Roma* (1910)
* Villa Roma si trova in cima a una collina di Kaposvár, e adesso è allestita a un museo dedicato al pittore.