Perché ha smesso di scrivere Wallander? Intervista a Henning Mankell

Creato il 28 novembre 2014 da Tiziana Zita @Cletterarie

Nel 1991 è stato pubblicato Assassino senza volto il primo romanzo con l’ispettore svedese Kurt Wallander che poi ha avuto milioni di fan in tutto il mondo. A Woodstock, una località vicino a Oxford, in una chiesa, Harriett Gilbert del BBC World Book Club intervista Henning Mankell dopo la pubblicazione di L’uomo inquieto, l’ultimo dei romanzi di Wallander. In questa bella intervista, Mankell racconta di Stieg Larsson e di Sherlock Holmes, del suo rapporto con la giustizia, con le donne e con Wallander che ha la sua stessa età, ma è molto diverso da lui.

Harriett Gilbert
Ne L’uomo inquieto, Wallander guarda indietro al caso su cui ha indagato nel suo primo romanzo Assassinio senza volto. Dev’essere stato strano per lei guardare indietro di vent’anni?

Mankell
In un certo senso. Quando sei vicino ai sessanta capisci certe cose della tua vita. In primo luogo realizzi che hai vissuto più della metà della vita. Sono molto pochi quelli che vivono 120 anni. La seconda cosa che metti a fuoco, è che la maggior parte delle decisioni della tua vita sono state prese. Pochissime persone della mia età – prendiamo ad esempio un dottore – improvvisamente dicono: “No, ora smetto e vado a scuola per diventare professore di storia”. E’ molto raro. E quando senti che hai preso le decisioni più importanti della tua vita, cominci lentamente a guardare indietro e a chiederti: “Che cosa hai fatto con tutti i sogni che avevi”? Per molta gente questo può essere un processo spaventoso. Non per me perché faccio quello che ho sognato fin da bambino. Ma ho lasciato che ne L’uomo inquieto guardasse indietro alla sua vita per vedere che cosa ne ha fatto. E per lui è obiettivamente un po’ difficile. Però poi si ricorda di certe cose che hanno avuto un’enorme influenza su di lui. E una delle cose che ricorda è proprio quello di cui parlavo nel primo romanzo che è stato scritto più di venti anni fa.

Harriett Gilbert
Nessuno allora poteva immaginare che Henning Mankell avrebbe venduto più di 30 milioni di romanzi di Kurt Wallander, tradotti in 45 lingue. Nelle prima pagine di Assassino senza volto siamo immersi in una fredda, ventosa, notte svedese che minaccia neve. Un vecchio contadino viene svegliato da un rumore: “C’è qualcuno?” Infatti c’era qualcuno. Come l’ispettore Wallander scoprirà più tardi, ci sono il fattore e sua moglie che sono stati torturati e uccisi. Anche se la moglie sopravvive abbastanza per sussurrare al poliziotto una parola: “Straniero”. Wallander ha già i suoi guai con la famiglia: con sua figlia che è irraggiungibile, suo padre che è molto scontroso e soprattutto con la sua amata moglie che insiste per avere il divorzio, spezzandogli il cuore durante la procedimento. Ma oltretutto, deve trovare questo nuovo assassino, o forse più d’uno, e cercare di capire perché sono stati tanto feroci. Ad esempio quel cappio intorno al collo della moglie del fattore …

Mankell legge un pezzo di Assassinio senza volto (e stranamente sempre di essere in Italia):

“Quello che voglio dire è che è praticamente impossibile che quel nodo sia stato fatto da qualcuno che ha fatto il boy scout in Svezia”.
“Questo cosa diavolo significa?”
“Che quel nodo è stato fatto da uno straniero”.
Prima che Wallander avesse il tempo di reagire, Ebba entrò nella sala mensa per prendere una tazza di caffè.
“Andate adesso. Andate a casa a dormire. Domani sarà una giornataccia” disse con tono materno. “Fra l’altro i giornalisti mi stanno tempestando di telefonate, volete che dica qualcosa?”
“Su cosa?” disse Wallander. “Sul tempo di domani?”
“In un modo o nell’altro sanno che la donna è morta”.
“E’ quasi impossibile evitare di dire come stanno le cose” disse Wallander. “E cioè che la donna ha parlato prima di morire. E se diciamo questo, dobbiamo dire anche quello che ha detto. E allora avremo un altro tipo di problema fra le mani”.
“Possiamo cercare di non parlarne per qualche tempo” disse Rydberg, alzandosi e infilando soprabito e cappello. “Per motivi tecnici legati all’indagine”.
Wallander lo guardò sorpreso.
“E rischiare che col tempo qualcuno scopra che abbiamo nascosto alla stampa informazioni importanti? E che lo abbiamo fatto per proteggere dei criminali stranieri?”
“E quante persone innocenti soffriranno in caso contrario?” disse Rydberg. “Cosa pensi che succederà al campo profughi quando si verrà a sapere che la polizia sta dando la caccia a degli stranieri?”
Wallander si rese conto che il ragionamento di Rydberg era giusto.
Improvvisamente si sentì preso da un senso d’incertezza.
“C’è una possibilità che non possiamo ignorare” disse. “Che i colpevoli siano veramente degli ospiti del campo”.
Wallander fece un cenno e spinse la tazza lontano da sé.
Spero proprio che sia così, pensò. Spero veramente che gli assassini siano in quel maledetto campo profughi. Forse allora questo atteggiamento buonista e indolente che permetta a chiunque, per qualsiasi motivo, di passare il confine svedese, cambierà.
Naturalmente non ne avrebbe parlato con Rydberg, era un’opinione che aveva deciso di tenere per sé.

Domanda di Edward M.
Prima di leggere il suo libro pensavamo alla Svezia come a un posto pacifico e progressista, tranquillo e socialmente coeso. Cosa l’ha ispirata a scrivere crime novel?

Mankell
La Svezia è una società molto soddisfacente in cui vivere. Posso dire senza esitazione che è una delle società più soddisfacenti che si possa trovare al mondo e il tasso di criminalità è relativamente molto basso. Ma d’altro canto è un’illusione creata intorno alla Svezia quella che lei ha espresso. Siete voi quelli che hanno creato l’immagine della Svezia come una specie di paradiso. Noi sappiamo che non lo è, che ci sono sempre stati problemi e forse io sto dando un’immagine più realistica di una società dignitosa, ma con alcuni problemi. E sono molto contento di poterlo dire perché una delle cose più soddisfacenti è che si può, sempre e dovunque, parlare criticamente di quello che sta succedendo. Credo che la società svedese, in certe situazioni abbia buttato il bambino con l’acqua sporca, invece di riformare la società. Ma se voglio, io posso andare il TV e criticare il re. Ok, potete farlo anche in Inghilterra, ma dubito che sarebbe molto popolare, mentre in Svezia posso fare davvero una cosa simile. Allora non vi preoccupate, la Svezia è ancora un paese piuttosto soddisfacente.

Harriett Gilbert
Lei ha scritto molto prima di cominciare la serie di Wallander: perché a un certo punto ha cambiato verso la crime fiction?

Mankell
Quando parliamo di crime fiction, alcuni pensano che sia una corrente letteraria creata da Edgar Allan Poe circa 150 anni fa. Non è assolutamente vero. Io ritengo che sia uno dei più antichi generi letterari. Torniamo indietro di 2000 anni a quello che succedeva nella società greca. Di cosa parla Medea?

Di una donna che uccide i suoi figli per gelosia nei confronti del marito. Se questa non è una crime story? La sola differenza è che a quel tempo nella società greca non c’era una forza di polizia e i crimini si risolvevano in un altro modo. Allora, cosa sapevano i greci? Cosa sapeva Shakespeare? Cosa sapeva chiunque? Che attraverso lo specchio del crimine puoi vedere le contraddizioni che esistono nella società. Questo è un modo molto efficace di raccontare una storia e i colleghi di 2000 anni fa lo sapevano. E’ in questa tradizione che mi piace lavorare. Quando ho cominciato a scrivere Assassino senza volto mi sembrò che xenofobia e atteggiamenti razzisti fossero attitudini criminali, allora mi parve ovvio introdurvi una trama gialla. A quel punto ho realizzato che avevo bisogno di un agente di polizia. Wallander è stato creato per scrivere una storia sulla xenofobia e questo per me è molto importante. Non è cominciato con un detective, è cominciato con la storia e così è continuato per tutte le storie che ho scritto su di lui. Prima viene la storia, poi viene lui.

Domanda di Sunil da Liverpool
Come psichiatra ho trovato i suoi personaggi molto reali e in grado di riflettere il mondo contemporaneo. Una domanda sul suo modo di scrivere. Lei si siede sempre a scrivere su un tema particolare – l’immigrazione o il divorzio – e dopo lo mette nella trama, oppure a volte concepisce prima i crimini e vi inserisce il tema dopo?

Mankell
Credo ancora di essere un artista e che quello che faccio sia arte, il che significa che non comincerò mai e poi mai a pensare, o a scrivere un romanzo su certe cose perché questo, onestamente, sarebbe molto noioso. Credo che un buon libro sia sempre su più di una cosa: dev’essere come la vita stessa, su molte cose. Per questo ho deciso di creare, con Wallander, una persona sempre in cambiamento. Lui non è lo stesso da “pagina 1” a “pagina 1000”. Ho appena letto un brano di un libro che ho scritto venti anni fa in cui aveva alcuni pericolosi atteggiamenti verso gli immigrati. Oggi, dopo vent’anni, ha cambiato completamente idea. Credo che questa sia anche una risposta alla domanda “perché è diventato così popolare?” Io l’ho chiamata “sindrome del diabete”. E vi spiego perché. Dopo il terzo romanzo, ho parlato con una mia amica, un medico donna, e le ho chiesto: “Che tipo di malattia attribuiresti a Wallander?”

Henning Mankell

Senza esitare un attimo lei ha risposto: “Quell’uomo ha diabete!” Perciò gli ho dato il diabete nel quarto romanzo, col risultato di farlo diventare ancora più popolare perché la gente ha il diabete nella realtà. Nessuno può immaginare un personaggio come James Bond che si ferma per farsi una siringa di insulina. Sarebbe ridicolo. E io credo davvero che questo è uno dei motivi per cui Wallander è diventato così popolare. Cambia opinione, cambia modi di vita, va dal meglio al peggio e dal peggio al meglio, come facciamo tutti nella vita.

Domanda di una signora croata che vive a Londra
In Assassinio senza volto, il primo romanzo della serie, c’è il divorzio, il problema della figlia. Lei aveva chiaro come queste relazioni personali si sarebbero sviluppate nel libro?

Mankell
Quando comincio a scrivere prendo delle decisioni fondamentali. Quando sentire dire: “Ho scritto sul personaggio, ora il personaggio ha preso il controllo”: non è assolutamente vero. E’ una mitologia sugli autori. Se sentite un autore dirlo, non gli credete perché lo scrittore è sempre al comando di quello che accade. Se uscite la sera, andate al pub con gli amici e dite che volete raccontare una storia, vuol dire che sapete come va a finire. Non potete raccontare una storia di cui non conoscete la fine. E’ lo stesso tipo di bugia quando un autore afferma: “Io comincio a scrivere e poi vediamo che succede”. Non è vero. Sappiamo sempre la fine della storia e a volte io la scrivo prima. Ma la domanda potrebbe essere: che cosa sapevo di me a quell’età perché una delle poche cose che io e Wallander abbiamo in comunque è l’età. E io sono cambiato molto in questi venti anni e naturalmente ci sono alcune tracce di questo nel personaggio, anche se non abbiamo molte cose in comune. Alla fine spero di trattare le donne meglio di lui.

Domanda di Michael C. dalla California
Sono impressionato dal lavoro di squadra della polizia svedese al posto di quello da lupo solitario della polizia americana. Lei ha un passato nelle forze dell’ordine?

Mankell
Mio padre era un giudice, così sono cresciuto con l’idea che il sistema di giustizia sia qualcosa di molto importante. Se fai qualcosa di sbagliato devi pagare un prezzo. Io ho capito, durante la mia vita, che il fondamento della democrazia è il sistema giudiziario. Noi tutte persone intelligenti, sedute oggi in questa chiesa, sappiamo che se il sistema di giustizia non funziona, allora la democrazia non funziona. Perciò in ogni circostanza dobbiamo difendere il sistema di giustizia. E’ qualcosa che io ho capito molto preso. Oggi sono felice di affermare che la polizia svedese mi ha detto molte volte: “Di qualsiasi cosa abbia bisogno, per favore venga da noi”. So che molti poliziotti in Svezia leggono i miei romanzi. Una volta c’è stato un capo della polizia nazionale che mi ha detto che voleva essere come Wallander. E poi devo dire che sono ancora un appassionato lettore di Sherlock Holmes e che ci sono un sacco di cose che si possono rubare a Sherlock Holmes. Lui è sempre il mio preferito perché usa la testa. E se c’è qualcuno davanti a cui Wallander si toglie tanto di cappello, è Sherlock Holmes.

Fine della prima parte

 L’intera serie di Wallander è pubblicata in Italia da Marsilio.
Prossimamente la seconda parte dell’intervista. 


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