Perché ha vinto Marine (e cosa si può imparare)

Creato il 24 aprile 2012 da Idispacci @IDispacci

Marine la destrorsa, la xenofoba, la pasionaria. Marine rude, dura, dispotica, forte con gli avversari, indisponente con i giornalisti. Marine Le Pen è la vincitrice morale della serata elettorale di domenica 22 Aprile che ha gettato le basi per una nuova guida per la Francia.

Con quasi il 20 % degli voti ha raggiunto un risultato che fino a poco tempo fa era considerato inimmaginabile persino per suo padre, quel Jean Marie che aveva guidato il Front National al secondo turno delle elezioni presidenziali nel 2002. In quell’occasione, che aveva visto l’esclusione del Partito Socialista dalla lotta, riducendo il confronto fra destra ed estrema destra, si era raggiunto il 16,86% dei voti, risultato nettamente superato nella serata di domenica.

Marine ha raccolto dal padre un partito allo sfascio, criticato e marginalizzato, giudicato non adatto allo scacchiere politico di un paese democratico perché troppo a destra, troppo reazionario, troppo antisemita e razzista. Questa avvocato, divorziata e in coppia con un altro membro del partito, è riuscita nel difficile compito di modernizzare il partito, di dargli una nuova immagine, più vicina alla gente, soprattutto ai bisogni dei più colpiti dalla crisi. Il FN è diventato il partito anti-sistema, il partito su cui si riversano i voti di coloro che sono rimasti delusi dal presidente uscente, Nicolas Sarkozy, e che sono vittime della crisi finanziaria che ha fatto pesanti danni anche Oltr’Alpe. Non sorprende, quindi, che la maggior parte di questi voti sia arrivato dalle classi più deboli: lavoratori, operai e molti giovani. Uno degli elementi che occorre considerare quando si affronta il fenomeno Le Pen e l’avanzata del FN è che riesce ad avere un forte appeal presso l’elettorato più giovane, presso quei ragazzi che hanno difficoltà ad immaginare il proprio futuro. E per loro, poco importa se Marine ha fatto promesse poco reali, come l’uscita dalla Francia dall’Euro. Il fatto che si opponga alla classe politica e ai “partiti delle banche” ha permesso a questa forza politica xenofoba e di estrema destra di travalicare i confini politici tradizionali. Inoltre, ha avuto la capacità di dare una nuova immagine al partito: se fino a qualche tempo fa votare FN era considerato quasi vergognoso, ora il partito è ampiamente sdoganato ed è entrato a far parte a tutti gli effetti dello scacchiere politico. La percentuale di coloro che non escludono di vedere in futuro il FN al governo è in costante aumento e Marine ha senz’altro contribuito a questo passaggio, facendolo diventare la terza forza politica di Francia.

Questi cambiamenti, insieme ad una imponente crisi economica e un exploit elettorale, hanno scatenato una serie di reazioni in Europa: rischio populismo e xenofobia la diagnosi, che ora rischia di scavalcare i confini dell’exagone. Indubbiamente, la performance di Le Pen figlia spinge l’intera comunità europea ad interrogarsi su un eventuale onda blue marine, ovvero la possibilità che il vento del populismo soffi in tutta Europa, spinto da un divario sempre maggiore fra classi e da un crescente sentimento di disprezzo verso la casta politica e banche.

Purtroppo, quando si affronta questo tema, si ha la tendenza a demonizzare i Le Pen, non capendo che così si fa solamente il loro gioco: la volontà di questa famiglia-partito è di proporsi come alternativa, come diversi rispetto agli altri e gli attacchi rischiano solamente di rafforzarli presso un elettorato sempre più vasto. Senza dubbio, molti dei voti che hanno ricevuto sono “di protesta” contro un classe politica che vedono come distante ed incapace di rispondere alle esigenze della gente. Il modo migliore per impedire questa esplosione populista e xenofoba è quello di combattere sui loro valori, sulle loro proposte. Dimostrare come le loro idee in campo economico e sociale non siano la soluzione, che demonizzare l’Europa e gli immigrati, indicandoli come i colpevoli, non porterà ad un miglioramento della vita e ad una risoluzione della crisi, né dei Francesi né degli Europei. Occorre battere il loro programma, vuoto, vacuo e incapace irrealista, piuttosto che attaccare i membri del partito, perché è ciò che questi si aspettano e, in un certo senso, che sperano.

Sorge, inoltre, un’altra riflessione: Marine è una donna e, nonostante sia “figlia di” è riuscita a conquistarsi a pieno titolo il ruolo di leader del partito. L’esperienza di questa signora, che certo propone soluzioni criticabili e di cui condividere è francamente difficile condividere le idee, può, però, spingere a interrogarsi: cosa avrebbe potuto fare in un partito maggioritario e con reali possibilità di arrivare al potere? E quando una leader forte anche in casi come il PS e l’UMP, solo per citare i casi Francesi? Il fatto che la Le Pen non sia mai stata criticata in quanto donna, ma in quanto personalità politica ci indica come un superamento di questa dicotomia sia possibile e, in alcuni casi, auspicabile.

Le elezioni di domenica dovrebbero spingere a un’accurata riflessione sulle ragioni alla base di questo voto. C’è da interrogarsi sul perché un Paese come la Francia abbia raggiunto un tale livello di sfiducia e di delusione da affidarsi a questo schieramento. La ventata di novità portata la Marine Le Pen spiega solo in parte questo fenomeno. Le radici più profonde vanno cercate in un società francese divisa e disomogenea e in cui solo un nuovo presidente, con una nuova visione ed un nuovo progetto, potrà rilanciare un dibattito più sereno.

Alessya


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