Perché ho scelto il self-publishing (parte 2)

Da Anima Di Carta
La pubblicazione della prima parte di questo post mi è costata alcuni follower. E io che pensavo di essere stata diplomatica! Vediamo quanti ne faccio fuori questa volta?
Nel post precedente ho provato a raccontarvi di come sia nata e cresciuta in me, negli ultimi anni, una certa sfiducia verso l'editoria tradizionale, alla luce delle esperienze fatte.
In ciò che ho detto, molti hanno intravisto una certa malinconia, dovuta all'aver rinunciato a un sogno che coltivavo fin da piccola. Questo stato d'animo esiste indubbiamente, ma la decisione di pubblicare in modo indipendente non ha avuto origine solo dalla disillusione. È solo una faccia della medaglia; l'altra è che da quando ho intrapreso questa strada mi sento molto più serena e contenta, e ho ripreso a scrivere con una gioia che avevo dimenticato.

I giorni senza scrittura


Nel post scorso ci eravamo lasciati a un anno fa. In quel periodo le situazioni che mi sono trovata a vivere mi hanno portato per un po' a smettere di scrivere. Ero fortemente demotivata dal continuare, infatti ho messo da parte i due romanzi che avevo in cantiere e non ne ho iniziati di nuovi.
L'idea di ricominciare a mandare manoscritti mi dava la nausea. Ma ancora di più mi infastidiva il pensiero di cedere i diritti d'autore per chissà quanto tempo, senza nessun tornaconto e magari con mille arrabbiature e tanto stress come bonus. In pratica, avevo smarrito l'entusiasmo che di solito accompagna l'idea di pubblicare. Condividere con altri ciò che hai creato dovrebbe essere il coronamento felice della tua scrittura. Se non è così, perché scrivere?
Questa crisi per fortuna è durata poco tempo, perché a un certo punto mi sono resa conto che non avevo più voglia di aspettare l'editore dei sogni. Ho capito che per me ciò che conta è arrivare ai lettori. E mi sono resa conto che avevo la possibilità di farlo tramite il self-publishing.

Tra dubbi e certezze


Ho passato quasi un anno intero a valutare pro e contro di questa opzione, e non avrei potuto fare diversamente, visto che per natura sono portata a prendere decisioni ponderate.
Credo che il grosso limite del self sia quello della percezione che i libri autopubblicati suscitano nei lettori, ovvero diffidenza, per non dire sfiducia totale. Esiste una specie di bollino su ogni libro auto-prodotto, invisibile ma molto potente agli occhi di molti. Dice: questo libro non ha un editore alle spalle. È quasi una lettera scarlatta!
Il self viene visto come un ripiego, il rifugio di chi non ha trovato posto tra gli editori, il deposito di testi-spazzatura, privi di qualsiasi editing e cura. Questa percezione è dovuta solo in minima parte a prese di posizione e a pregiudizi (che comunque esistono). Infatti, è un dato di fatto che la maggior parte di chi sceglie questa strada è un autodidatta allo sbaraglio. Facendo un giro su Amazon e spulciando una serie di anteprime mi è capitato di vedere cose davvero terrificanti.
La sfiducia e la diffidenza che si hanno nei confronti di questo tipo di pubblicazioni sono dunque giustificate. Ma dovrebbe stare a noi autori indipendenti far cambiare idea alle persone.
Credo che il self qui in Italia abbia bisogno di tempo. Forse un giorno gli scrittori impareranno a vederlo come un'opportunità da usare nel modo giusto, adottando un atteggiamento da veri professionisti. E di conseguenza anche l'opinione dei lettori cambierà. Forse un giorno si smetterà di guardare all'editoria tradizione come una scelta di prestigio anche se l'autore ha “contribuito alle spese”, e al self come una discarica anche se ci sono autori di talento.
In un'ultima analisi, ho considerato anche che con un editore avrei dovuto:
  • Cedere i diritti d'autore per un lungo periodo di tempo (si può arrivare anche a 20 anni per legge);
  • Cedere il 90% del guadagno sulle copie vendute (nel migliore dei casi, ma in realtà molto di più);
  • Avere in ogni caso a mio carico la promozione;
  • Subire scelte che magari non condivido (su copertina, titolo, promozione, tipo di pubblicazione, e così via);
  • Non poter mai verificare con esattezza l'esatto numero di copie venduto.

Insomma, l'ago della bilancia si è spostato tutto dalla parte del SP.

Ritrovare la gioia di pubblicare


Aver deciso di bypassare gli editori, mi fa sentire molto più leggera, e ho capito di aver preso la decisione giusta quando qualche settimana fa ho cominciato a lavorare concretamente: organizzare la pubblicazione del mio prossimo romanzo mi ha fatto scoprire la gioia di dedicare attenzione e cura a qualcosa che si ama. Ho scoperto che avere la libertà e il controllo delle fasi di post-produzione può essere divertente e stimolante. Dopotutto il libro è una tua creatura, chi la conosce meglio di te?
Ovviamente non so come andrà quest'esperienza, per quanto ne so potrebbe rivelarsi anche un totale fallimento, potrei vendere tre copie e magari dopo smettere di scrivere sul serio. Ma comunque vada quest'avventura, per lo meno sarà stato un piacere viverla.