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Perché ho scritto “Denti”? La domanda è retorica, so perché ho scritto questo racconto

Da Marcofre

copertina racconti cardiologia

Quando ho iniziato a scrivere il racconto “Denti”, (esatto, parte di Cardiologia), aveva un altro titolo. Adesso non mi ricordo nemmeno quale fosse. Ma mentre procedevo, un personaggio del racconto parla degli psicofarmaci che deve prendere ogni giorno.
E a un certo punto dice:

L’aiuto di un personaggio secondario

Ti fanno venire sonno. Non posso guidare con quella roba addosso. E se non la prendo, qui, i denti diventano più forti. E masticano, masticano, senza smettere. Di giorno, di notte, anche se prendo le pastiglie non si fermano mai. Una mattina non mi alzerò più. Mi verrete a svegliare e troverete solo dei denti. Mi avranno mangiato tutto.

Bizzarro. Perché il protagonista della storia non è chi parla, ma è suo figlio. Fa parte di una famiglia rovinata. Sono oltre il lastrico, e presto precipiteranno ancora più in basso. La classica famiglia che commette degli errori anche perché: be’, se nel giro di pochi mesi tu perdessi tutto, ma proprio tutto. Divorato da spese, avvocati, eccetera: sei certo di riuscire a muoverti senza fare sciocchezze? Io ne dubito.
Cosa volevo dimostrare con questo racconto?
Buona domanda. E adesso mi tocca rispondere, giusto?


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