Perché i precari oggi non possono non tentare l’abilitazione.

Creato il 05 agosto 2012 da Goberiko

La Rete 29 Aprile ha lanciato un appello per l’astensione alle procedure di abilitazione nazionale per professori associati e ordinari.

Chi mi segue sui social network cone Facebook e Twitter sa che sono d’accordo sulla maggior parte delle analisi sul piano di smantellamento dell’Università pubblica da parte degli ultimi governi, accelerato e aggravato dalla riforma Gelmini.

Tuttavia, questa volta non aderisco all’appello. Perché per i precari è un suicidio accademico. Chi come me non è riuscito a diventare ricercatore universitario — figura in estinzione dopo la riforma — non può che puntare su diventare professore associato, nel medio termine. E questo significa passare per le abilitazioni nazionali. Che sono fatte male, in tutti i sensi. L’uso idiota dell’impact factor, impensabile in un paese civile (e infatti siamo incivili). La stramberia della mediana anziché la media… I tempi strettissimi delle commissioni. Ma non c’è altro modo.

Anche dire “ma io me ne vado all’estero” non è la soluzione. Per un precario oggi l’estero è la Cina o altri paesi emergenti. Nei paesi occidentali la mobilità dei precari è un periodo di ricerca limitato nel tempo, perché si sa che uno dopo torna, nella maggior parte dei casi.

Andare all’estero come strutturati accade se si è già strutturati. Perciò bisogba tentare l’abilitazione. Io la tenterò.


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