Perché in Scozia sì e in Catalogna no?

Creato il 12 novembre 2014 da Exodus, Di Luca Lovisolo @LucaLovisolo

Ha fatto parlare di sé ancora una volta, in questi giorni, il referendum consultivo organizzato in Catalogna dai promotori dell’indipendenza della regione dal Regno di Spagna. La comunicazione indulge in semplificazioni che non aiutano a comprendere perché, ad esempio, un tale referendum abbia potuto svolgersi regolarmente in Scozia e avere validità legale, sia all’interno del Regno unito sia per la comunità internazionale, mentre per la Catalogna lo svolgersi ufficiale di una consultazione sembra impossibile. Simile, e ben più tragico, è il caso dei referendum svoltisi in Crimea e in altri territori orientali dell’Ucraina.

Dedicherò nelle prossime settimane alcuni articoli a spiegare due principi fondamentali del diritto internazionale che trovano applicazione in questi casi: il principio di autodeterminazione dei popoli e quello di integrità territoriale. A questi vanno affiancate alcune considerazioni di carattere costituzionale dei Paesi interessati, che intervengono nella questione. Vi sono poi gli aspetti politici, che, come sempre, vanno tenuti ben distinti da quelli giuridici, benché si influenzino a vicenda.

Il separatismo riguarda diverse regioni europee, sebbene in forme diverse. Dalle vicine regioni dell’Italia del nord alla Transnistria, dalla Corsica al Kosovo. In alcune di queste regioni il separatismo, o movimenti di nome diverso che si pongono obiettivi analoghi, ha dato vita a tragiche stagioni di violenza.

Senza un’analisi più attenta è facile cadere nella tentazione di mettere sullo stesso piano situazioni diverse, indicare dei «buoni» e dei «cattivi» guidati delle superficiali valutazioni offerte dalla frettolosa arena dei media. Un tema, quello dell’autodeterminazione e del separatismo, che è tornato prepotentemente alla ribalta dell’attualità e non si può affrontare guardano solo alle argomentazioni delle comunità direttamente coinvolte.

| ©2014 >Luca Lovisolo

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