Personalmente non ho mai troppo amato la piazza. Questo però non vuol dire, ovviamente, che pensi male di quanti credono nell’efficacia delle manifestazioni più o meno partecipate. Ma l’iniziativa tutta al femminile di ieri lascia perplessi (e non solo me, a leggere qua e là). Il fatto è che l’atavico problema delle donne che non riescono ad emergere come meriterebbero non nasce con Berlusconi. Né a quest’ultimo si può attribuire la colpa in esclusiva del mercimonio di alcune quale strumento di scalata sociale. Da che mondo è mondo è stato sempre così. Allo slogan Se non ora, quando? potrebbe, per banale che sia, seguire una seconda domanda: “Se non prima, perché adesso?”. La manifestazione di ieri è apparsa come una contromercificazione, un rincarare la dose pretestuosamente al solo scopo di chiedere le dimissioni del premier. Che è comprensibile, certo, ma che presenta tempi e modi inappropriati. Separare la sfera femminile in donne per bene e donne per male, poi, è altrettanto fuorviante. Le fanciulle che si sono prostituite – perché di questo si tratta – a Villa San Martino lo hanno fatto consapevolmente, in libertà. Perché non riscaldarsi tanto per le donne costrette a stare sui marciapiedi, che loro soffrono davvero? Provo a renderla più facile. Il confronto donna per bene – donna per male è il medesimo che contrappone gli uomini, è endemico dell’essere umano. Il mondo si divide in stronzi e meno stronzi, pure qui da sempre. Allora sarebbe più auspicabile una costante mobilitazione di massa che lotti per i sacrosanti diritti delle donne. Ripeto, a scanso di equivoci: una costante mobilitazione di massa (come quella degli ultimi giorni). Esagero? Forse. Ma anche coloro che paragonano l’Italia all’Egitto non scherzano mica, eh.
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