O non scrivere del tutto, che ho altre cose per la testa.
Però ieri è successa una cosa che mi ha fatto molto pensare.
Sì, a quella che sono, a chi sono sempre stata, al perchè di alcune scelte e a chi voglio essere in futuro.
C'è che ieri sera io e i miei colleghi siamo andati in questo posto, non lontano dall'Azienda Agricola, per una cena tutti insieme, approfittando della venuta in terra italica di una collega d'oltremanica, ma proprio oltre.
Come ci siamo finiti in quel posto mi resta ancora da capirlo.
Noi, da osteria pane vino e fantasia.
Noi, da risate fragorose fino alle lacrime.
Noi, che badiamo molto più alla sostanza che non al trucco perfetto o al tacco.
Sì, ho dei colleghi fantastici. Lo so. E sono fortunata, lo ammetto.
Loro. Che mi sono stati vicini in un modo che non avrei potuto chiedere di meglio. Loro.
Che era quel posto? Semplice, il classico posto della Milano da bere, dove spendi tanto e, sinceramente, mangi nemmeno tanto bene. Il vino: discreto. Nulla di eccezionale. Il dolce: inesistente dato che dopo mezz'ora non era ancora giunta nulla al nostro tavolo.
Circondati da una generazione più simile a loro che non a me, a cui io pare, però, sia molto intellettualmente vicina.
A una parte. Solo ad una parte.
Di certo non a quella che ho visto ieri sera.
E mi sono ricordata.
Del perchè sono rifuggita da quell'ambiente ai tempi dell'università e pure dopo.
Al perchè ho smesso di frequentare certa gente e certi giri.
Al perchè non me la tiro, anche se dicono dovrei.
Ho capito che io non sono così e mai lo potrò essere. Non per chissà quali motivi, che la farsa io la posso anche fare. Ma sarebbe imbastire appunto solo una farsa, con tanto di sorrisini falsi.
Solo che io i sorrisi preferisco siano veri.
Preferisco la gente che mi guarda negli occhi perchè è interessata a quello che dico e non perchè è talmente disperata/o che si porterebbe a letto il primo bipede che respira.
Faccio un ordine alla Lelo piuttosto.
E preferisco entrare nel cervello delle persone che mi interessano. Prima. Il resto dopo. Forse.
Ne sono uscita sinceramente disgustata.
Per quelle donne tutte uguali, senza personalità.
Per quelle donne che ti guardano dall'alto al basso non essendo in grado di fare altro.
Per quelle donne che sciorinano sorrisi e parole sussurrate senza ne' capo ne' coda.
Mi sono ricordata tutto ciò che io non voglio essere. Alla loro età. E alla mia.
Mi sono rimessa a posto un altro pezzettino del mio puzzle, di quello che sto ricostruendo di me.
Io, che non so essere banale ma solo molto surreale.
Io, che ho un cervello e lo voglio usare e nutrire fino in fondo.
Io, che voglio circondarmi solo da persone da cui possa assorbire nozioni, esperienza, emozioni di un certo tipo come se fossi una spugna.
Io, che anche se è una cosa solo di sesso, ci metto attenzione, eleganza e stile.
Io, che la classe non è acqua.
Io, che non riesco a tirarmela ma che ho classe. Un altro tipo di classe, che non si compra con i vestiti e le borse firmate. E ho stile. Ed eleganza. Ma decido io con chi e quando tirarle fuori.
Io, che a un completino di pizzo preferisco una camicia maschile. Bianca. Aperta al punto giusto.
Io, che voglio essere una donna con le palle e non una attaccata alle palle. Altrui.
Io, che sono un pezzettino in più donna...in questa festa della donna.