Perché occorre imparare a scrivere, e altre simpatiche considerazioni

Da Marcofre

Senza voler ammazzare di noia chi legge. Nel 2009 più o meno, ho ripreso a scrivere dopo una pausa di 5 anni. Non era una pausa, bensì la volontà di non scrivere più.
Nell’agosto di quell’anno, quando tutti erano in ferie, a spiaggia o in montagna, io ricominciavo a prestare i tasti di un computer Mac non per scrivere recensioni, o ebook dedicati a Apple.
Ma storie, appunto.

Mi sono ritrovato a leggere in forum, e non solo, opinioni a proposito di scrittura, scuole di scrittura e via discorrendo. E come sempre prevale l’idea che se vuoi imparare, crescere, migliorarti, sei di serie B.
Se per esempio leggi manuali per conoscere il lavoro dei grandi (è bene ricordare che Tolstoj o Zola non davano mai nulla per scontato, il loro approccio alla scrittura non è mai stato presuntuoso, o facile), di certo sei un incapace.

Sciocchezze. Michelangelo non ha preso lo scalpello e il martello, producendo immediatamente il David: è andato a bottega. Ha imparato. Lo stesso per Leonardo.
Però chi scrive non ha niente da imparare. Se ti permetti di consigliare, di proporre un cammino di crescita, sei solo un incapace.

E’ la posizione perfetta per giustificare superficialità e dilettantismo. Per pretendere di non essere sottoposto al alcun giudizio, perché “modestamente, non sono uno di quelli che ha bisogno di imparare”. E se qualcuno pensa che questa posizione sia più unica che rara, commette un errore.

Basterebbe chiedere a qualunque piccolo editore, che con fatica confeziona schede di lettura ovviamente severe e professionali: come risposta ottiene insulti, da parte del genio della letteratura.
Io non sono un genio. Visto i miei limiti (per esempio: non sono più giovane; sono un autodidatta; sono retorico e abbastanza prolisso e uso una prosa da anni ’50), probabilmente non arriverò mai in alto, ai livelli di Marquez, per esempio.

Però so accontentarmi.
Come ho già scritto, cerco un editor che mi dica: “Guarda, scrivi come una capra. Però se questo racconto lo riscrivi 82 volte, probabilmente ne esce qualcosa di non malvagio”.

Lo scrittore autentico, come De Luca per citarne uno, sa bene che ogni racconto o romanzo che sia, è come se fosse il primo. Deve ricominciare da capo, re-imparare, accostarsi con umiltà e determinazione alla parola e migliorare, migliorarsi.

E le scuole di scrittura? Non sfornano scrittori; ma persone migliori perché hanno imparato qualcosa di più sulla parola. Ne hanno compreso la forza, e anche quanto pretenda, se si decide di darle spazio. In questo campo, nessuno può garantire nulla; è terribile, ma anche meraviglioso.