Perché scrivo? Bernard Malamud

Creato il 03 maggio 2015 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

Foto di Jaime González

PERCHÉ SCRIVO? – La rubrica dedicata ai perché della scrittura

Bernard Malamud

Semplicemente, non sempre il dono del talento viene concesso in modo gratuito e ben chiaro; c’è anche chi, pur appassionato alla scrittura con tutta l’anima, magari deve passare metà della propria vita a scoprire quale sia l’argomento più adatto per lui. Io ho cominciato a scrivere da piccolissimo, eppure mi ci sono voluti anni per cominciare a scrivere davvero.

Alle elementari, periodo in cui vivevo uno stato esaltante di scoperta continua, trasformavo i compiti in racconti. A dieci anni, scrissi una storia su una nave perduta nel Mar dei Sargassi. Il vascello compariva in sogno, pronto a intraprendere un lungo viaggio in quei mari dalla calma piatta. Era questa, per cominciare, la natura del mio «dono» da bambino – me n’ero accorto un giorno – e rimase così per molti anni, prima che cominciassi a saperlo usare bene. Per anni quel dono fu una benedizione capace di sanguinare come una ferita. Iniziò così un’epoca di lunga attesa.

Una notte, dopo aver faticato invano per ore nel tentativo di dar vita a un racconto, mi misi a sedere sul letto con la finestra aperta e guardai le stelle dopo un temporale. Provai un’ondata di sensazioni, di emozioni provenienti dal cuore, prova di una dedizione alla vita e all’arte così profonda che mi fece salire le lacrime agli occhi. Per la centesima volta mi ripromisi che un giorno sarei diventato uno scrittore davvero bravo. Questo rinnovato entusiasmo, e altri episodi simili, mi tennero vivo nell’arte negli anni prima che riuscissi a realizzare qualcosa. Dovevo averne circa venticinque allora, e aspettavo ancora, a modo mio, che la mia vera vita di scrittore cominciasse. Mi ricordavo dell’affermazione di Kafka, all’incirca alla stessa età: «Dio non vuole che io scriva, ma io devo scrivere».

Ho scritto per quasi tutta la vita. La mia scrittura ha estratto, da un’anima riluttante, un certo grado di stupore per la natura della vita. E più scrivevo bene, più sentivo che avrei dovuto scrivere meglio.

Nella mia scrittura ho dovuto raccontare quello che mi era successo realmente, e allo stesso tempo presentarlo come se mi fosse stato rivelato per magia. Ho cominciato a scrivere seriamente quando mi sono imposto la disciplina necessaria a raggiungere quello che volevo. Quando ho raggiunto quel momento, le mie parole mi si sono presentate da sole. Ho dedicato la mia vita alla scrittura senza rimpianti, a parte quando ripenso a quello che nel mio lavoro avrei potuto fare meglio. Volevo che la mia scrittura fosse della più alta qualità possibile, e nel complesso penso che lo sia. Ho riscritto i miei romanzi, o i miei racconti, almeno tre volte: una per comprenderli, la seconda per migliorarne lo stile, e la terza per costringerli a dire ciò che ancora dovevano dire.

Estratto di un articolo uscito sul New York Times il 20 marzo 1988. Riproduce il discorso tenuto da Bernard Malamud al Bennington College il 30 ottobre 1984, nell’ambito della serie di conferenze «Ben Belitt».

Di Bernard Malamud è appena uscito in libreria Per me non esiste altro. La letteratura come dono, lezioni di scrittura (minimum fax). Qui un estratto della prefazione del curatore Francesco Longo.


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