PERCHÉ SCRIVO? – La rubrica dedicata ai perché della scrittura
Edgardo Franzosini
Perché scrivo? È una domanda che, in tutta sincerità non mi sono mai posto, e a cui faccio un po’ fatica a trovare una risposta. Una risposta soddisfacente, intendo.
Potrei cavarmela citando una frase ad effetto pronunciata curiosamente da uno scrittore che con le frasi “ad effetto” aveva poco a che fare (era uno scrittore incline piuttosto a frasi elaborate e austere) e cioè Julien Green, che una volta disse: «Scrivo libri per vedere cosa c’è dentro». Ma sarebbe una facile scappatoia.
Forse allora potrei dire che se scrivo è solo per giustificare, in qualche modo, il mio amore per la scrittura, quando la scrittura si manifesta in quella sua fenomenica espressione che sono i libri. E a questo punto sarebbe più logico chiedermi (chiedersi), perché leggo libri? Perché amo i libri?
A una domanda di questo genere una risposta convincente, convincente almeno per me, forse ce l’ho. Faccio ricorso, anche in questo caso, a una citazione. Simon Leys, scrittore, critico letterario e sinologo, dopo aver constatato come, non di rado, individui che avevano «divorato intere biblioteche» si dimostravano non esenti «dal sapere tutto ma dal non capire niente», ed essere per questo motivo, giunto alla conclusione che i libri «sono essenzialmente inutili», aggiungeva: «con tutta probabilità è questa la ragione per cui ci piacciono tanto». Ma allora, forse, anche il piacere che provo nella scrittura, e quindi la mia propensione a cercare di soddisfare un tale piacere e, in definitiva, la ragione per cui scrivo, non potrebbe essere spiegata proprio con la sostanziale, sublime, inutilità dello scrivere? È possibile.
Sull’utilità dell’inutilità (così come sulla profondità della superficialità) hanno scritto pagine esemplari un folto numero di scrittori. Inutile aggiungere qui anche le mie considerazioni. E del resto, a ben guardare, non è anche questa possibile risposta un’altra scappatoia? Un modo paradossale e un po’ provocatorio per eludere il problema? Per cercare di non rispondere a una domanda che non ha risposta? Con tutta probabilità sarebbe più onesto ammettere, una volta per tutte, una semplice cosa. E cioè che, in fondo, l’attività dello scrivere oltre a essere, come ha detto un immenso scrittore, «meno intellettuale, meno civile e meno rassegnata» rispetto a quella della lettura, è anche, non solo rispetto alla lettura ma rispetto a tutte le altre attività umane, una, forse, tra le meno giustificabili.
Edgardo Franzosini, nato in provincia di Lecco nel 1952, è tra i più raffinati scrittori italiani contemporanei. Con il suo ultimo libro, Questa vita tuttavia mi pesa molto (Adelphi, 2015), abbiamo inaugurato la nuova rubrica Una stagione da leggere, dedicata alle stagioni nei libri, perché ogni storia ha la sua stagione.
Foto di Jaime González