Dushanbe, Tajikistan
Dicembre 2013, 134° giorno di viaggio
Mi è già capitato parecchie volte. Prima in Cina, poi in Kirghizistan e infine in Tajikistan, dove mi trovo ora.
La gente mi chiede: “Perché viaggi?”.
La domanda potrebbe sembrare banale e scontata ma non lo è.
Perché si viaggia? Perché si consumano tutte quelle risorse, tutte quelle energie per vedere e conoscere delle cose che potrebbero essere viste e conosciute stando comodamente seduti sul divano?
Questa domanda mi ha sempre messo in difficoltà. Molte volte ho risposto con banalità del tipo: per conoscere altre culture, per conoscere altri popoli… Gli intervistatori mi hanno sempre guardato con aria dubbiosa, quasi non capissero quello che stavo dicendo.
Potrei provare a rispondere con un’altra domanda e chiedere:
“Perché tu non viaggi?”.
So già, però, quali risposte mi posso aspettare. “Perché non ho soldi per farlo” potrebbe essere la risposta più gettonata, seguita a ruota da “Perché non ho tempo”, seguita a sua volta da un’infinità di altre scuse.
Da quando sono nei Paesi ex sovietici, però, se vedo una televisione accesa, la gran parte delle volte è sintonizzata su un programma di viaggi.
Il programma è in russo; si chiama “testa o croce”. Assomiglia grossomodo al nostro “turisti per caso”. In ogni puntata una coppia di viaggiatori viaggia in qualche parte del mondo.
Una superba e grassoccia russa viaggia con lo zaino in spalla, spendendo il meno possibile mentre il suo collega si dà alla pazza gioia concedendosi vacanze di lusso. Probabilmente questi ruoli si invertono, dando un senso al titolo del programma.
Non importa se la televisione è in un bar, in un ristorante o in una casa. Il tubo catodico rapisce l’attenzione di gran parte dei presenti.
Tutti quelli che guardano il documentario lo fanno con aria sognante.
Ora, se qualcuno mi chiede ancora perché viaggio, so cosa rispondere: “Io, le cose che voglio fare, le faccio, non le sogno”.
Michele Soppelsa