Perché un realismo dev’essere critico?

Creato il 23 marzo 2015 da Losgherro
La recente presentazione del libro “Realismo e metodo. La riflessione epistemologica di Bernard Lonergan” curato da Rosanna Finamore (16 marzo – Pontificia Università Gregoriana), ha messo in risalto ancora una volta come il “realismo” di per sé non sia oggi in questione (cfr. prof.ssa F. D’Agostini – Politecnico di Torino), tanto più dopo che –di fatto– lo stesso Hegel (da qualcuno) viene ammesso tra i “realisti” (negando così il concetto stesso o rendendolo ormai del tutto inutilizzabile, a quelle condizioni – sic) ciò che, invece, continua a rilevare in quest’ambito è il concetto di “criticità”. In che cosa, infatti, essa consiste? E perché –ulteriormente– il suo abbinamento alla categoria di “realismo” può contribuire a meglio comprenderlo (come lasciava intendere nella stessa occasione la prof.ssa Lanfredini – Università di Firenze)? Il “realismo critico”, in altri termini, ha una propria identità e consistenza non stemperabili né riducibili? Personalmente ritengo che la criticità consista (anche) in alcuni elementi espressamente metodologici con immediata ricaduta epistemologica. Si tratta: - in primo luogo, di selezionare nel linguaggio le sole “affermazioni” sulla realtà (intesa come “stati di cose”); - in secondo luogo occorre chiedersi se esse siano “vere” (domanda per intelligenza, direbbe Lonergan); - quindi anche “perché” siano tali ed, eventualmente, “quanto” lo siano (lonerganianamente: domande per riflessione). In questo modo l’approccio al “vero” e la sua adozione come ‘parametro’ di giudizio delle affermazioni sulla realtà conferiranno ad un –più o meno ampio– “realismo” una caratteristica del tutto peculiare ed abbastanza univoca, adatta ad integrare –solo– un certo tipo di approcci gnoseologici ed epistemologici effettivamente “realistici”. Diversamente un realismo non-critico si tramuterebbe in pura ideologia: chi, infatti, oggi accetterebbe di essere (s)qualificato come “idealista”? Ma: ritenersi realisti ed esserlo davvero sono questioni di sola auto-coscienza?

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