ANDATA E RITORNO
Andata
Verso
- l’ora che sorge nebbiosa da un futuro fantasmagorico
- lo spazio di un dito che mi convince a ribadire il qui
con tutta la forza dell’osso primordiale
- la luce d’un lampo fugace raccolta con la coda dell’occhio
- il cosìssia spergiurato in un amen di spasmodica attesa
- con l’ombra addossata alla mia anima
che non smette di sgualcire l’orlo del quaderno
- con il sorriso d’un amore prosciugato dal tempo
ora lieve e delicato come un petalo avvizzito
- portando comunque la casa negli anfratti segreti del cuore
- recitando avemarie lungo il bilico
perché non frani l’umanità dei miei miseri passi
Io andando
- più nulla al cielo e nessuna pace tra le mie carte
con solo una poesia digitata da oscuri fantasmi sul video
- più nulla al pianeta che si dissolve in atomi mortali
- più nulla alla strada che incanala il mio di-sperato orizzonte
Io sospeso
- tra il dove e il quando
- fermo nello stato ricreativo
- rigenero pedissequamente la mia vita e la mia morte
Ritorno
Verso
- l’ora che tramonta repentina in un baccano di sproloqui
- il circoscritto da un indice che decreta la mia tana
(qui e non oltre la soglia del sogno)
- con l’ombra che mi precede a casa
Io ritornando
- le stesse cose nell’armadio e gli scricchiolii delle tarme
antiche nelle buche del mondo
- tutto mi dice l’uguale origine
- lo spiattellato racconto del punto d’inizio
(c’era una volta…)
- e frana la notte su un lembo di sole giù nel prato
- scaturisco da un abisso incolmabile di penitenze
Io eccomi di nuovo
qui sulla punta della lingua
nella coda dell’occhio
attaccato alla pennabiro
scrivendo quello che sono
un girovago con infiniti spiegazzati biglietti
di andata e ritorno
ANNUNCIO RITARDO
Il treno già non entra più sotto la pensilina ed io aspettando
un prossimo traguardo oltre l’alba schizzinosa
mi diverto a contare il becchime
caduto da mani ceree di un vecchio barbone
nell’erba incolta tra i binari
La stazione appare pronta ad uno sbarco da mille e una notte
I pendolari sono attenti a non lasciarsi millimetri
tra una borsa e l’altra
penzoloni dalle braccia ancora addormentate
nonostante la sveglia dell’ennesimo altoparlante
che annuncia ritardi a non finire
cumuli di ritardi
code e reiterazioni di ritardi
e noi disperati non si può più vivere
senza prendere quel treno che ti porti
all’altro capo della buona speranza
Qui in stazione
tutti hanno l’aria afflitta di chi
prima o poi
bisogna che si decida a lasciare la piattaforma
salire sul primo vagone casalingo
lasciarsi trasportare nel regno delle favole
le nubi diradate sotto il celeste ialino
***
Lacera il cuore il fischio di partenza
so che ora inizia il viaggio e
non c’è più niente che mi trattenga su questi binari
a goccia a goccia evapora la memoria fuori il finestrino
e già non è più nemmeno l’ombra
della casa vecchia fra le sterpaglie
Lontano chilometri dalla mia vista e dal mio sentire
dissolta oltre il tunnel fatto e rifatto cento volte
per la sicurezza dei convogli
Un lento abbrivare per il dovunque lasciando le campagne macilente
a destra e a sinistra come fendendo un mare indifferente
la ruota cigola e sobbalza ad ogni mala giuntura
ed è questa la carrozza della mia età sgangherata
senza più comparti né compagni
libera e solitaria
ma prigioniera dei binari
libera di andare lungo i solchi predisposti ma
prigioniera del tempo che le scorre a fianco e dentro
ineluttabilmente
E poi chissà
all’ultima fermata chi ci sarà ad aspettarmi
se il messo angelico saprà del forte ritardo
andrà forse via a consolare altri passeggeri
che la fortuna o il caso
avrà intanto destinato a certe mete sussiegose
Ed io
rimasto solo qui a terra
ascolterò attonito l’annuncio
dell’ennesimo ritardo
verso il rapido smorire
***
Approdo ad un silenzio ritardato
Ciò che mi affollava i sensi ora è svanito
oltre le basse collinette dei detriti
di sabbia di cianfrusaglie e di rifiuti
mentre il treno scivola lento accanto
alla vecchia statale del lungomare
Chiuso nello scomparto mi raggomitolo al posto
prenotato
mi spetta un diritto di isolamento
lontano dai riti quotidiani
Assaggio l’acqua dei ricordi nelle vene
come sangue fluisce nel mio corpo e lo
vivifica
Alle mie spalle c’è tutta una materia dequalificata
ai fianchi il viaggio verso l’unica stazione
Vi giungerò derelitto e impreparato
ma guardingo come chi
sa che è in ritardo
e accampa mille scuse
Ma definitivamente non avrà più scampo
né treno di ritorno
al capolinea
Testi tratti dal volume “Percorsi alternativi”, di Giuseppe Vetromile, Marcus Edizioni, Napoli, 2013
Giuseppe Vetromile è nato a Napoli nel 1949. E’ vincitore di numerosi e importanti concorsi letterari nazionali. Ha pubblicato diversi testi di poesia, tra i quali, recentemente, “Cantico del possibile approdo” (Scuderi, 2005), “Inventari apocrifi” (Bastogi, 2009), “Ritratti in lavorazione” (Edizioni del Calatino, 2011), “Percorsi alternativi” (Marcus Edizioni, 2013). Ha poi pubblicato la raccolta di racconti “Il signor Attilio Cindramo e altri perdenti” (Kairos, 2010). E’ inserito in numerose antologie ed è inoltre citato in importanti pubblicazioni e saggi critici. Ha curato l’Antologia “Attraverso la città” per conto della Scuderi Edizioni di Avellino, e l’Antologia “Percezioni dell’invisibile”, per l’Arca Felice Edizioni. Ospita importanti testi poetici e relativi commenti sul suo blog “Transiti Poetici”. Suoi articoli, note critiche e varie recensioni, sono apparsi su diverse riviste letterarie nazionali e sulla stampa on-line. Promuove ed organizza eventi ed incontri letterari con il suo “Circolo Letterario Anastasiano”. E’ membro di giuria in molti concorsi letterari di rilevanza nazionale ed inoltre è l’ideatore e l’organizzatore del Concorso Nazionale di poesia “Città di Sant’Anastasia”, giunto quest’anno alla 11a. edizione.