Dall’abbondar del superfluo
all’abbandono estremo,
più lungo della gamba
è forse il passo.
Barcolla ma non molla
il cieco flusso, l’esiguo
fiato ancora scialacquato
in prediche al deserto.
Dal muto paesaggio,
un tempo confidente, invano
invoco d’essere compreso.
Ma nulla più mi corrisponde:
la terra, il filo d’erba,
il merlo, il cane
indifferenza ostentano
e sospetto al passo trascinato
e all’ombra che proietto.