7 Gennaio 2013 A cura di:Kaosleo
postpunk
Il ritorno del folle Pere Ubu è una notiziona che si scontra con il mare di band tutte uguali che dovrebbero rappresentare il rock contemporaneo. Una barca solitaria che solca quel mare orgogliosa e testarda, per portare a noi poveri deviati il suo carico molle, sinuoso e ruvido di dance e post-punk dai lineamenti dark. “Lady From Shanghai” è un disco dance, appunto. È lo stesso David Thomas ad affermarlo, e se ci fermiamo anche solo qualche minuto ad ascoltare le prime cinque tracce del disco non possiamo che rafforzare questa certezza. Sporcandola però di qualche sano dubbio.
Perché la verità è che “Lady From Shanghai” è un disco dance così come lo possono concepire solo i Pere Ubu. Difficile farlo capire a chi non abbia familiarità con la discografia trentennale dei nostri, ma provate pure ad immaginare una dance del demonio che si muove a passi lenti, oscuri, dub e sinuosamente rock trascinata da una voce teatrale e anti-armonica che sembra prenderti per il collo, (o per il culo, fate vobis). Poi mettete il disco sul piatto e familiarizzate con la materia facendovi attraversare l'anima dalla dance oscura e minimale di “Thanks”, che manda candidamente all'inferno “Ring My Bell” di Anita Ward. Per poi correre a ballare sulle note, i synth e i ritmi spasticamente dub del primo singolo “Free White”. Infilatevi poi nel tunnel senza luce di “Mandy”, dove la voce da incubo di Thomas vi inviterà a giocare su un tappeto di synth e ritmiche danzereccie, costruendo una inarrivabile atmosfera da cabaret dell'oltretomba.
“And Then Nothing Happened” è un bellissimo post-punk dall'atmosfera melanconica che vi rapirà per poi gettarvi in mezzo ad una mid-section di sirene e synth che rincorre il noise. “Musicians Are Scum” è una specie di funk alieno percorso dai synth e da ritmiche per niente scontate, cantato da Thomas come se fosse una litania mortale. Non potrete fare a meno, poi, di rilassarvi e viaggiare con “The Road Trip of Bipasha Ahmed”, per ricominciare a saltellare subito dopo con l'elettro rock ossuto e matematico di “Lampshade Man”, che porta in dote un riff riuscitissimo che riesce a tenere in piedi tutto il pezzo, mentre il resto della band si diletta a creare una psichedelia rock dark e sintetica. E se non vi fosse bastato tutto ciò, potete sempre fare una discesa agli inferi con la bellissima “414 seconds”.
“Lady From Shanghai” è forse un album difficile e ostico, di certo non pop e commerciale, ma tremendamente affascinante e dalla carica poetica indomabile. E si presenta come l'ennesima conferma (alzi la mano chi la stava aspettando) di una band unica e inarrivabile, che riesce a colpire nel segno anche quando scrive un album per far danzare i morti.
TRACKLIST
1. Thanks
2. Free White
3. Feuksley Ma'am, The Hearing
4. Mandy
5. And Then Nothing Happened
6. Musicians Are Scum
7. Another One (Oh Maybellene)
8. The Road Trip of Bipasha Ahmed
9. Lampshade Man
10. 414 Seconds
11. The Carpenter Sun
LINE-UP
David Thomas – voce, piano, xiosynth, Korg iMS-20, Monotron, Roland 303, organo
Keith Moliné – chitarra, basso
Robert Wheeler – EML synth, Grendel Drone Commander, Korg iMS-20, SNM Cacophonator II
Gagarin – elettronica digitale, piano, organo
Michele Temple – basso, chitarra, campane
Steve Mehlman – batteria, voce, organo
Darryl Boon – clarinetto
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