Nella progettazione degli interventi edilizi e nella presentazione del Permesso di costruire capita, anche abbastanza spesso, che lo stato attuale venga riportato difforme dalla realtà. Questo accade perché durante il rilievo sovente si tralascia il superfluo e, in sede di progettazione, si è costretti a procedere con imprecisione, oppure si opta di modificare l’esistente per ottenere un illecito vantaggio in termini di volumi o superfici.
Nel primo caso si tratta di un errore di distrazione dovuto probabilmente a un mero refuso sul Permesso di costruire, mentre nel secondo caso si tratta di una vera e propria frode al fine di conseguire un illecito vantaggio che, diversamente, comprometterebbe la realizzabilità dell’intervento.
In ambo i casi si è in presenza di falsa rappresentazione dello stato dei luoghi nel Permesso di costruire e, quindi, falso in atti pubblici. Tale illecito viene annoverato tra i reati del codice penale e del codice di procedura penale.
In sede amministrativa, qualora venga rilasciato un provvedimento basato su falsi presupposti, sussiste l’interesse pubblico da tutelare mediante la rimozione dell’atto viziato, ottenuto attraverso l’induzione in errore dell’amministrazione per l’erronea rappresentazione e la conseguente demolizione delle opere realizzate abusivamente.
La giurisprudenza in materia di annullamento d’ufficio dei titoli edilizi, nei casi in cui l’operato dell’amministrazione sia stato fuorviato dalla erronea o falsa rappresentazione dei luoghi, ha stabilito «non occorre una specifica ed espressa motivazione sull’interesse pubblico, che va individuato nell’interesse della collettività al rispetto della disciplina urbanistica». (Tar Basilicata, sez. I, n. 238/2006).
Il Supremo Collegio amministrativo afferma che «in sede di adozione di un atto in autotutela, la comparazione tra interesse pubblico e quello privato è necessaria nel caso in cui l’esercizio dell’autotutela discenda da errori di valutazione dovuti all’amministrazione, non già quando lo stesso è dovuto a comportamenti del soggetto privato che hanno indotto in errore l’autorità amministrativa». (Consiglio di Stato, sez. V, n. 5691/2012).
Un rimedio può derivare dall’articolo 34 del testo unico per l’edilizia che stabilisce «quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell’opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale».
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