Personalità, aspetti psicologici e psicopatologici delle patologie del colon

Creato il 08 settembre 2011 da Raffaelebarone

1° articolo Colopatia funzionale (Colon irritabile)

Colopatia funzionale: problema molto frequente, riscontrato in una persona su cinque. Nelle donne l’incidenza sale a tre su quattro. Vi sono diverse forme di colopatia funzionale: la forma costipata, la forma diarroica e la forma alternante. La colopatia si manifesta con un mal di pancia che diminuisce solo con l’espulsione delle feci:  Essa si accompagna a disturbi inerenti la frequenza delle evacuazioni e la consistenza delle feci. E’ importante sottolineare che tracce di sangue nelle feci, cambiamenti improvvisi nella frequenza delle evacuazioni e nell’aspetto delle feci, perdita di peso e febbre  non fanno parte dei suddetti criteri e sono quindi da considerarsi “segnali d’allarme” di un’altra malattia.

Sono molte le etichette che sono state assegnate al problema della colopatia. Gli anglosassoni parlano di colon irritabile (irritable bowel syndrome). Ma altri preferiscono parlare di “intestino irritabile”,in ragione del fatto che i soggetti che ne soffrono ravvisano anche problemi anche all’esofago, per via dei reflussi gastrici, e pesantezza di stomaco. Taluni autori francofoni parlano di “colite infelice”, riferendosi con il termine infelice, non allo stato d’animo dei pazienti, ma alla inappropriatezza della termologia, giachè non si tratta di un’infiammazione e quindi non si dovrebbe usare la desinenza in “ite”. Altri utilizzano la parola “spasmofilia”, poco apprezzata in ambito medico, anche se è stato dimostrato che chi soffre di colopatia ha anche degli  spasmi bronchiali con tendenza a sviluppare l’asma. La colopatia si accompagna ad una moltitudini di sintomi, tutti di natura funzionali, dalla testa ai piedi. I più frequenti sono cefalea, palpitazioni, mal di schiena.

Nel 2001, R. L. Levy e suoi colleghi hanno dimostrato che i bambini possono imparare  ad avere mal di pancia, ad essere costipati, ad avere la diarrea, nel tentativo di imitare, tramite il corpo, ciò che fa soffrire i loro genitori. Tali studi dimostrano l’importanza  dell’approccio psicologico  all’analisi dei disturbi digestivi, almeno tanto quanto l’analisi dell’elemento fisico, genetico ed ereditario.

Taluni neonati sono costipati dalla nascita. Il loro, tuttavia, non è un problema organico: non soffrono di una malattia congenita, come la malattia di Hirschsprunng, che richiede un intervento chirurgico. E non si tratta di un problema di alimentazione. Piuttosto, sembrerebbe essersi prodotto un evento scatenante durante il parto o prima, quando il feto era ancora nel ventre materno. Un evento che ha avuto un qualche impatto sullo sviluppo del tubo digestivo. E’ come se il corpo volesse esprimere in tal modo una problematica molto più ampia e di natura psicosomatica. E giungiamo un terzo dato che riguarda gli adulti: il 50% delle donne che accusano colopatia funzionale ( o colon irritabile) è vittima di abusi sessuali risalenti all’infanzia. I due terzi dei suddetti abusi sono da collocarsi prima dei 14 anni di età.

Suggerire un’associazione tra gli abusi sessuali e sintomi così banali, come un dolore cronico, la costipazione e la diarrea, che costituiscono la base della colopatia funzionale, significa scardinare quei meccanismi che operano per negare tale associazione.

Il corpo è più affidabili dei ricordi. E’ infatti possibile rintracciare le stigmate corporee di una storia di abuso sessuale. Ma se il corpo ha una memoria  e se i soggetti vittime di abuso sono diversi , sul piano corporeo, da quelli che non hanno subito alcuna violenza, allora diventa più difficile chiamare in causa i falsi ricordi. L’anismo è buon esempio: si tratta di un’anomalia che ben si presta a contrassegnare una storia di abusi. Di che si tratta? Normalmente,  quando il soggetto si presta a defecare, il suo ano si rilassa, per lasciar passare le feci. In caso di anismo, accade l’inverso: l’ano si chiude, invece di aprirsi. Quasi tutte le donne abusate sessualmente soffrono di anismo. Ciò non significa, ben inteso, che anche il contrario sia vero: ci sono persone che soffrono di anismo, senza essere mai state abusate. Nondimeno ,va detto che tra i casi di anismo il numero di storie di abuso sessuale è dieci volte superiore che tra le persone che non soffrono di questa disfunzione. Dunque, esso può considerarsi un segno clinico estremamente utile per la pratica medica, poiché la maggior parte dei medici ricorre, una volta o l’altra , all’ispezione rettale. E’ sufficiente fare una semplice domanda, circa le modalità evacuatorie, invece che un’ispezione. Se il paziente contrae l’ano  durante la fase di spinta, il medico può stabilire una diagnosi di anismo e, in tal caso, la probabilità di abuso sessuale si fa maggiore. Ovviamente non vi è certezza dell’abuso, pertanto la questione non viene posta  esplicitamente. L’informazione viene trasmessa attraverso il corpo, ma non è indispensabile porre domande al riguardo. La questione può essere affrontata in seguito, in una situazione più comoda, dopo che si sia stabilita una relazione confidenziale. Una penetrazione anale che provochi dolori addominali  può essere indice di una storia di abuso. Manca ancora la conferma scientifica, ma è una pista interessante da seguire, visto che numerosi esami medici- come l’ispezione rettale, la proctoscopia,la colonscopia e il clisma opaco- implicano la penetrazione anale. Il personale clinico dovrebbe allertarsi, circa la possibilità di un avvenuto abuso sessuale, qualora la reazione del paziente alla penetrazione comporti  dolori addominali, visto che, per avere una reazione tale, il messaggio deve necessariamente passare per il cervello, il quale poi invia una risposta all’addome, poiché non vi è comunicazione neurologica diretta tra l’addome e l’ano.

L’anismo è una dissociazione somatica: una parte del cervello invia un segnale di rilassamento all’ano, aumentando la pressione del retto per facilitare la defecazione, mentre un’altra parte invia il segnale opposto: contrarsi per impedire l’espulsione. Che ci sia una dissociazione , fra le vittime di abusi, non dovrebbe sorprenderci, visto che la vittima spesso si dissocia psicologicamente per non soffrire  di un evento così drammatico come l’abuso sessuale. La dissociazione può indurre alla resilienza, quando la parte che osserva prende il sopravvento su quella che soffre, al fine di dominare il caos e la dipendenza. La parte relativamente sana dell’individuo può, a questo punto intraprendere tre percorsi: la menzogna,la mitomania o la rèverie. In tutte e tre i casi , lo scopo è quello di fornire un senso di sicurezza all’individuo.

Si riscontrano storie di abuso sessuale, alla peggio, nel 20% della popolazione. Dunque non si tratta  di una maggioranza. Anche la colopatia funzionale si presenta nel 20% della popolazione. Secondo gli studi epidemiologici, la frequenza degli abusi sessuali, da una parte e dall’altra dell’Atlantico, non è “che” del 50%.

Molto materiale di questo articolo è tratto dal libro : “ Una malattia chiamata genitori” di A. A. Schùtzenberger e G. Devroede  Di Renzo Editore